Chi ascolta Indagini, il podcast di Stefano Nazzi pubblicato da Il post, e non ha letto “Il volto del male” sentendo nella sua testa la voce dell’autore, semplicemente mente. E’ un effetto noto anche ai lettori di Costa e che non mi ha invece colpito leggendo Lucarelli, fondamentalmente perché ho iniziato a vederlo in tv un bel po’ di tempo dopo averlo iniziato a leggere (poi è subentrata l’impressione di leggere “paura, eh?”, ma questa è un’altra storia ancora).

Ecco, a proposito di Lucarelli e della sua opera, i lettori che ne hanno seguito la carriera non-giallista –  declinata in libri che hanno raccontato la cronaca nera italiana dell’ultimo secolo – vivranno con Nazzi una certa esperienza di deja vu, perché naturalmente i casi raccontati non possono che essere quelli che hanno più fortemente colpito l’opinione pubblica. Se poi vi drogate di serie TV sulla stessa tematica storica (“Crimini”, “Delitti” e via dicendo), e su qualche caso specifico avete già affrontato altre letture (come l’ottimo “Diciassette omicidi per caso” di Ilaria Cavo sulla vicenda di Donato Bilancia), il rischio di avvertire il racconto di Nazzi come una rilettura diventerà oggettivamente piuttosto forte. 

Il che non toglie che: 

1. se siete più a digiuno di me, troverete intrigante l’ottima narrazione e lo sguardo sul dolore e sul male di cui siamo capaci in quanto essere umani; 

2. nelle cronache di Nazzi riconosco un approccio pervaso da una enorme umanità, che si concretizza anche in una attenzione piena di delicatezza nel non lasciarsi andare alla descrizione di una certa morbosità a cui – su altri strumenti di comunicazione e in funzione attiraclick – siamo purtroppo sempre più abituati

3. Indagini è un podcast magnifico e se non lo conoscete lo consiglio spassionatamente. 

SCHEDA LIBRO
Autore: Stefano Nazzi
Titolo: Il volto del male. Storie di efferati assassini
Editore: Mondadori
Collana: Strade blu
Pagine: 192
ISBN: 978-8804773641

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Riassumendo
  • 7.5/10
    Dalla voce alla parola scritta - 7.5/10
7.5/10

Quarta di copertina

«Perché l’ha fatto?» Ce lo chiediamo spesso davanti a delitti particolarmente feroci, specie quando sono immotivati e dunque ci appaiono ancora più incomprensibili. L’istinto ci porta a credere che il male sia frutto della follia o di un raptus omicida, perché questo pensiero ci tranquillizza, ci allontana da un timore molto più profondo.

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