Salta al contenuto
  • Sab. Set 30th, 2023

Capitolo23

Alfonso d'Agostino

  • Home
  • CAPIT-OLIBRI Letteratura
    • GIALLI & NOIR
    • 1001 LIBRI DA LEGGERE
    • MILITARE
    • SPORTlibri di sport, romanzi sul calcio, romanzi sport, letteratura sportiva
    • PREMIO STREGARecensioni libri premio strega
  • CAPIT-ELLImostre, arte, fotografia
  • CAPIT-MUNDIIn giro per il mondo
  • CAPIT-ATO
  • CAPIT-OMBOLI
  • 1001 LIBRI DA LEGGERE
  • GIRO DEL MONDO LETTERARIO
Tag popolari
  • libro
  • recensione
  • libri
  • romanzo
  • recensioni
  • consigli
  • consiglio

Ultimi articoli

All’Est del mediterraneo di Abd ar-Rahman Munif Il testamento Donadieu di Georges Simenon Il buon soldato di Ford Madox Ford  La buona guerra di Phil Klay Avviso ai naviganti di Annie Proulx
CAPIT-OLIBRI

All’Est del mediterraneo di Abd ar-Rahman Munif

Set 30, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
CAPIT-OLIBRI GIALLI & NOIR

Il testamento Donadieu di Georges Simenon

Set 25, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
1001 LIBRI DA LEGGERE CAPIT-OLIBRI

Il buon soldato di Ford Madox Ford 

Set 20, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
CAPIT-OLIBRI

La buona guerra di Phil Klay

Set 19, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
1001 LIBRI DA LEGGERE CAPIT-OLIBRI

Avviso ai naviganti di Annie Proulx

Set 8, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
  • Più recenti
  • Popolari
  • Di tendenza
All’Est del mediterraneo di Abd ar-Rahman Munif
CAPIT-OLIBRI
All’Est del mediterraneo di Abd ar-Rahman Munif
Il testamento Donadieu di Georges Simenon
CAPIT-OLIBRI GIALLI & NOIR
Il testamento Donadieu di Georges Simenon
Il buon soldato di Ford Madox Ford 
1001 LIBRI DA LEGGERE CAPIT-OLIBRI
Il buon soldato di Ford Madox Ford 
La buona guerra di Phil Klay
CAPIT-OLIBRI
La buona guerra di Phil Klay
Recensione Tropico del Cancro di Henry Miller
CAPIT-OLIBRI
Recensione Tropico del Cancro di Henry Miller
Di bambini, colori e altre sciocchezze
CAPIT-ATO
Di bambini, colori e altre sciocchezze
Treni strettamente sorvegliati: un capolavoro
1001 LIBRI DA LEGGERE CAPIT-OLIBRI
Treni strettamente sorvegliati: un capolavoro
Hollywood icons a Villa Manin
CAPIT-ELLI
Hollywood icons a Villa Manin
All’Est del mediterraneo di Abd ar-Rahman Munif
CAPIT-OLIBRI
All’Est del mediterraneo di Abd ar-Rahman Munif
Il testamento Donadieu di Georges Simenon
CAPIT-OLIBRI GIALLI & NOIR
Il testamento Donadieu di Georges Simenon
Il buon soldato di Ford Madox Ford 
1001 LIBRI DA LEGGERE CAPIT-OLIBRI
Il buon soldato di Ford Madox Ford 
La buona guerra di Phil Klay
CAPIT-OLIBRI
La buona guerra di Phil Klay

You missed

CAPIT-OLIBRI

All’Est del mediterraneo di Abd ar-Rahman Munif

Set 30, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
CAPIT-OLIBRI GIALLI & NOIR

Il testamento Donadieu di Georges Simenon

Set 25, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
1001 LIBRI DA LEGGERE CAPIT-OLIBRI

Il buon soldato di Ford Madox Ford 

Set 20, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti
CAPIT-OLIBRI

La buona guerra di Phil Klay

Set 19, 2023 Alfonso d'Agostino 0 Commenti

capitolo23

Cercavo un libro giordano per il mio giro del mond Cercavo un libro giordano per il mio giro del mondo letterario e ho trovato un libro universale. 

All’Est del Mediterraneo racconta è un romanzo breve e tagliente come una scheggia, costruito su una alternanza di due voci: Ragiab e Anisa, fratello e sorella, lui imprigionato da anni per reati di opinione, malato e sul punto di crollare alle pressioni della polizia che vorrebbe una confessione, e lei che gli chiede costantemente di mollare, tornare a casa, abbandonare il campo di battaglia ideologico.

E’ una storia di umanità profonda, ambientato in un paese “a Est del Mediterraneo”, una formula che consentirebbe di fare il giro del mondo e tornare al punto di partenza: se è vero che la sensazione (anche climatica) e la biografia dell’autore suggeriscono chiaramente coordinate GPS mediorientali, è impossibile lasciarsi limitare nel pensiero e non pensare che una storia con le stesse, identiche caratteristiche sta probabilmente accadendo mentre scrivo nei dintorni di una prigione libica, nei primi freddi del confine orientale ucraino, a pochi chilometri da Pyongyang, in qualche caserma venezuelana o in un altro dei mille luoghi di dolore di questo disgraziato pianeta.

All’Est del Mediterraneo è una voce contro le ingiustizie, priva di retorica perché profondamente umanizzata: il protagonista si trova di fronte a un bivio che rende impossibile una scelta “giusta” per le conseguenze emotive, familiari, affettive che avrà ognuna delle due possibilità. La voce della sorella è invece – specie inizialmente – quella di chi cerca di sopravvivere comunque, accettando la situazione e cercando di creare nel nucleo familiare quella pace serena che politica e sociale non garantiscono. La scelta di Ragiab, le conseguenze del suo gesto, lo sviluppo della storia costitueranno un lento precipitare verso un finale che non avrebbe potuto essere diverso. 

Leggendo “All’Est del Mediterraneo” ho pensato molto a Giulio, come faccio ogni volta che mi capitano davanti agli occhi storie di profonda ingiustizia, vere o verosimili, e come succede ogni volta che mi guardo il polso destro. #giordania #girodelmondoletterario #allestdelmediterraneo #munif #leggere #instalibro #letture
Ed ecco spiegato plasticamente perché non abbando Ed ecco spiegato plasticamente perché non abbandono (quasi) mai una lettura. “Il testamento Donadieu” è il primo Simenon a non avermi avvinto fin dalla prima pagina e ammetto di aver trovato la prima metà del romanzo quasi indigesta: il racconto del disfacimento relazionale di una ricca famiglia di armatori a seguito della morte del capostipite e dell’inattesa lettura del suo testamento faceva riecheggiare in me letture certamente classiche ma poco incidenti, un Ottocento francese che non ho mai amato particolarmente e che poco ha lasciato nella mia memoria. 

È da metà libro in poi che ho cominciato ad avvertire quel brividino che regala il piacere della lettura: non si erano certamente evoluti i protagonisti - tutti piuttosto stereotipati, dal cinico avido pronto a tutto per il successo alla fragile donna preda - ma il tono complessivo del romanzo, e soprattutto il suo ritmo, hanno cambiato marcia. Sono emerse gradevoli sfumature noir, l’altolocata società parigina con i suoi non-detto ha aggiunto un pizzico di verve, la narrazione ha abbandonato una certa aria balzachiana e si è diretta rapidamente verso una moderna tragedia dei sentimenti. Ottimo e non del tutto prevedibile il finale, con una scena conclusiva che accompagna all’ultima pagina (e al saluto del lettore) davvero perfetta. 

Io con calma proseguo nella scoperta dei “romanzi duri” di Simenon, abbiamo capito che ne vale la pena. #georgessimenon #simenon #romanziduri #iltestamentodonadieu #leggere #letture #instalibro #libri #libriconsigliati
L’incipit di “Un buon soldato”, romanzo del L’incipit di “Un buon soldato”, romanzo del 1915 di Ford Maddox Ford Ford (non è una ripetizione) pescato direttamente dalla lista dei 1001 libri da leggere, è assolutamente fulminante: 

”Questa è la storia più triste che abbia mai sentito”.

Ecco, sempre premesso che i libri incontrano il gusto letterario di ogni lettore in modo diverso, e che il mio è sicuramente rivedibile, l’incipit è l’unica cosa che ho trovato davvero efficace nel romanzo. Non so se sia la storia più triste mai sentita, di certo è una delle più pallose. 

“Un buon soldato” racconta dell’amicizia di due coppie, ad una delle quali appartiene John Dowell, voce narrante della vicenda, e del loro peregrinare fra centri termali e città europee durato nove anni, fino alla morte della moglie del protagonista. Una morte che toglierà il velo ad una serie infinita di sotterfugi e meschinità accadute nel tempo, mostrando plasticamente che nulla è idillio e tutto è facciata, attraversata pure dalle peggiori crepe. 

Tralasciando la pochezza della trama, a rendermi personalmente invisa la lettura è stata in particolare la figura del protagonista. Se è vero che la storia umana è attraversata dal grandioso dilemma interpretativo riassumibile nel quesito “ma ci è o ci fa?”, qui la domanda è destinata a restare senza risposta. Perché se Dowell “ci è“, siamo in presenza di uno dei peggiori personaggi letterari mai immaginati (al netto della letteratura più “bassa”, si intende). Se invece”ci fa” peggio mi sento, perché la salvaguardia delle apparenze e del posto in società va benissimo – considerando l’anno di edizione in particolare – ma almeno mi si risparmi il pippone psicoanalitico che ne deriva. 

Ecco, “Un buon soldato” viene spesso descritto come l’iniziatore di un genere o come un romanzo boa, riferimento per gli anni successivi. Da italiano (e si, pure triestino), mi si faccia ricordare che in questa direzione abbiamo avuto in casa un maestro, i cui romanzi – non a caso – sono invecchiati decisamente meglio di “Un buon soldato”. #leggere #letture #ilbuonsoldato #ford #1001libri #1001libridaleggereprimadimorire #1915 #instalibro
Se non ho contato male, ho passato in terra colomb Se non ho contato male, ho passato in terra colombiana un totale di nove giorni. Non mi impedisce di considerarla un po’ seconda patria, di tifare Los Cafeteros quando scendono in campo in Copa America o ai mondiali e di riconoscere che ha a che fare con due personcine più che importanti nella mia biografia. La Colombia, insomma, detiene saldamente un pezzo del mio cuore. 

È uno dei motivi per cui mi sono tuffato su “La buona guerra” di Phil Klay, anche con un pizzico di incoscienza: potevo intuire dalla quarta di copertina che il tema dominante potesse essere il conflitto tra narcos, governo e guerriglia FARC (spesso con triangolazioni e semi-alleanze difficili da comprendere), ma non ero del tutto pronto alla portata emotiva del romanzo. 

Lo sguardo di Klay sugli anni più difficili dello splendido stato sudamericano si dipana attraverso diverse esistenze e voci narranti, tra le quali rimangono impresse quella di una reporter statunitense rientrata dall’Afghanistan che cerca a Bogotà e dintorni una nuova storia e quella di un ufficiale colombiano di alto grado, sospeso fra un senso del dovere machiavellico e desiderio di proteggere la famiglia. Ma il romanzo è complessivamente polifonico, racconta una serie infinite di storie, riconcilia con una narrativa di ampio respiro, capace di intrecciare in un arazzo credibile ed efficace i fili delle vite di essere umani piccoli, grandi, disperati e magnifici. 

“La buona guerra” è un romanzo duro senza scadere nello scioccante, vero senza finire nella cronaca e toccante senza appoggiarsi alla facile retorica. Spiega la sporcizia di ogni guerra e il desiderio di poterla definire “buona” da parte chi ne è protagonista, spettatore, vittima. #colombia #labuonaguerra #philklay #leggere #letture #romanzo #instalibro
Avviso ai naviganti di Annie Proulx è uno di quei Avviso ai naviganti di Annie Proulx è uno di quei libri che mi ha inseguito a lungo: ricordo la copertina di una edizione Baldini & Castoldi, edito prima che inaugurassimo il nuovo millennio se la memoria e la sintesi autobiografica scandita da librerie frequentate in alcuni periodi in particolare non mi inganna clamorosamente. Devo averne anche letto qualche pagina prima di pensare "ma sì, lo prendo un'altra volta" e lasciarlo lì. 

In tempi più recenti, "Avviso ai naviganti" mi ha guardato negli occhi dalla lista dei 1001 libri di leggere, e scorrendola finivo per ritornare a quella sensazione di tanti anni fa, a quella libreria di Buenos Aires che non c'è più, e mi prendeva una roba strana alla gola che mi faceva nuovamente soprassedere. 

Poi qualche mese fa mi è capitato di leggere un riferimento a questo romanzo, e ho percepito definitivamente che era giunto il momento. E non me ne sono pentito. 

"Avviso ai naviganti" e i suoi protagonisti sconclusionati, feriti, preoccupati dalla vita mi hanno lasciato da poco più di venti minuti, sfogliata l'ultima pagina. Attraversando la vita di Quoyle - giornalista che perde moglie (moooolto complicata) e lavoro e decide di trasferirsi sull’isola di Terranova, terra d'origine della sua famiglia, accompagnato dalle due piccole figlie e da una zia dal passato altrettanto complicato - ho pensato che in fondo a volte la letteratura è questione di temperatura. 

"Avviso ai naviganti" si sviluppa così, fra il freddo intenso di Terranova con gli iceberg che punteggiano il panorama e il caldo di una comunità che, fra tutte quelle difficoltà, cerca di mantenere una rete di comune supporto. O fra il gelo che il protagonista sente nelle vene per una relazione che sta prendendo una piega orrenda e il tepore che lo avvolge in un nuovo sentimento. O, ancora, fra l'inverno economico di un'isola piegata dalla globalizzazione dei mercati e da normative restrittive per la pesca e il racconto accanto a un fuoco di una terra che non c'è più, di un'epopea antica, di famiglie che hanno segnato la storia di un territorio. 

(continua nei commenti)
Milano, mezza primavera, autobus dell’ATM. Sono Milano, mezza primavera, autobus dell’ATM. Sono seduto in attesa della mia fermata, leggo e ogni tanto butto un’occhiata intorno. Sulla porta di uscita dell’autobus vedo una farfalla, una di quelle bianche, non particolarmente significative, che si vede di tanto in tanto in città. E’ sul vetro, immobile, e quando si aprono le porte ci resta attaccata.

Quando si avvicina la mia fermata, mi alzo e vado verso l’uscita. Presupponendo che la farfalla non stia aspettando la sua fermata e che sia semplicemente paralizzata del terrore (e frequentando alcune linee di superficie non saprei darle tutti i torti), la prendo delicatamente tra le mani, naturalmente senza stringerle. quando si aprono le porte scendo, e scendendo incrocio lo sguardo di una bambina – cinque, sei anni – tenuta per mano dalla mamma. La guardo, sussurro qualcosa tipo abacadabra e apro le mani, liberando la farfalla.

Ho letto “Quel che si vede da qui” con lo stesso sguardo della bambina che vide un uomo scendere da un autobus e una farfalla volar via dalle sue mani.

Mi sono lasciato commuovere dalla storia di nonna Selma che quando sogna un okapi qualcuno muore, da Louise che cresce, da un amore a mille diottrie che dura una vita, da un dolore sordo che non va più via, da un paesino popolato da anime belle e complicate, da storie spezzate, da emozioni leggere e pervasive.

Mi sono lasciato conquistare dalla scrittura leggera e magica di Mariana Leky, dalla bellezza dell’edizione Keller, dallo stupore con cui mi riscoprivo in alcuni aspetti di ogni personaggio, nelle paure e nelle sicurezze, nelle ferite e nei raggi di sole.

“Quel che si vede da qui” è un libro che inizia con una morte ed è infinitamente pieno di vita, che racconta di tanti abbandoni con attese ricolme di storie, che ti avvince dolcemente e non ti molla più, e ti accompagna a lungo anche dopo che lo hai, un po’ triste ma più ricco di prima, salutato. #quelchesivededaqui #marianaleky #keller #romanzo #librisulibri #libriconsigliati #instalibri #bookstagram #lettureconsigliate
Si potrebbe prendere l’enciclopedia, andare alla Si potrebbe prendere l’enciclopedia, andare alla voce “Romanzo storico” e metterci la copertina de “I fantasmi dell’Impero”: i canoni del genere sarebbero perfettamente riassunti e doneremmo la giusta visibilità a questa che – tra l’altro – è una bellissima edizione Sellerio, con tanto di accompagnamento iconografico che regala un bel carpiato con avvitamento (leggasi: tuffo) nel passato.

“I fantasmi dell’Impero” è, prima di tutto, il frutto molto evidente di un lavoro di preparazione imponente: la ricostruzione storica è minuziosa, la cura dei dettagli quasi maniacale, i personaggi (nella stragrande maggioranza dei casi realmente esistiti) perfettamente delineati e descritti con la giusta profondità umana, lontani dall’attribuzione di una patente di “bontà / cattiveria) ma illuminati da luci e nascosti da ombre.

Persino l’inchiesta della magistratura militare è autentica, ed è su questa suggestione che il terzetto Consentino – Dodaro – Panella costruisce una trama del tutto verisimile, che ci riporta ad una avventura coloniale spesso mal raccontata – “italiani brava gente che costruivano autostrade” versus “abbiamo usato i gas” – e la valorizza nel suo contesto storico, politico e militare. “I fantasmi dell’Impero” diventa così il ritratto di una lotta di potere, di una contrapposizione fra alti gradi (forse in caccia di una improbabile successione futura…) che producono spaccature fra le diverse forze armate, di intrighi orditi fra Roma e la capitale etiope che diventano attentati, depistaggi, “strategia della tensione”. 

Nonostante la mole che può sembrare – a chi è abituato ad altri tagli nella storica collana La memoria di Sellerio – imponente, il romanzo scorre via velocemente, affascinante e ricco di suggestioni, per arrivare a un finale perfettamente calibrato. #ifantasmidellimpero #sellerio #romanzi #romanzostorico #1937 #aoi #instalibri #bookstagram #librogram #libriconsigliati
In uscita a settembre 2023, per i vostri scaffali In uscita a settembre 2023, per i vostri scaffali svuotati dalle letture estive (eccertocomeno...) #nuoveuscite #libri #settembre2023 #marcomalvaldi #isabelallende #patbarker #kenfollett
I critici lo inseriscono nel novero dei “romanzi I critici lo inseriscono nel novero dei “romanzi duri” di Simenon, naturalmente sganciato dalla serie semi-infinita dei Maigret: “Delitto impunito” non vedeva la luce delle librerie italiane dal 1955, anno di edizione di un Mondadori che lo tradusse in “Delitto senza castigo”, e bene ha fatto Adelphi a ridargli respiro quest’anno nell’ottima traduzione di Simona Mambrini. E io ho scoperto perché avevo letto poco Simenon: mi ero perso in Maigret (che, scandalo!, non mi affascina più di tanto) e così avevo finito per restare lontano dai romanzi “autoconsistenti” come questo, piccoli capolavori come “La camera azzurra“. Ora so che posso rimediare.

“Delitto impunita” sinfoneggia intorno a due protagonisti principali che non potrebbero essere diversi, affittuari di due stanze nella stessa pensione familiare. Elie, polacco di nascita, estrazione umile, a Liegi per studiare, è “silenzioso come un pesce nella boccia” e sente quasi di vantare dei diritti nella sua veste di pensionante di più lunga data; Michel, romeno, borghese, di famiglia agiata, “con la vita ci giocava, la assaporava, scoprendo i denti candidi in un sorriso disarmante” e inevitabilmente assume un ruolo di primo piano nelle dinamiche di relazione all’interno dell’ambiente domestico.

E’ un ribaltamento delle gerarchie che ad Elie non appare moralmente giusto (e francamente non ha tutti i torti) e che lo porterà a commettere un delitto che ne segnerà l’esistenza; con capacità autoriale enorme, Simenon sposta quindi all’improvviso la trama a cinque lustri di distanza, in una assolata e caldissima cittadina dell’Arizona dove tutto troverà compimento in un finale che, per rapidità e tempi narrativi, mi ha fatto fare un saltello sul divano.

Ho pensato a un metronomo, tic-tac-tic-tac a un ritmo che normalmente è il musicista a impostare (immagino, io non suono neanche il campanello di casa): nelle trame fini e ardenti di Simenon mi è parso spesso di sentirlo ticchettare, a una velocità impostata e variata dall’autore che il lettore non è in grado di prevedere nè – e ne sei infinitamente felice – di controllare. #libri #simenon #delittoimpunito #gialli #noir #romanziduri #leggere #instalibri
(mi rendo conto che sto per scrivere cose che fara (mi rendo conto che sto per scrivere cose che faranno comparire dei punti di domanda sui non-appassionati di tecno thriller e su chi non abbia mai affrontato la lettura di un Tom Clancy in precedenza. Pazienza.)

Mentre salutiamo riconoscenti Tom Clancy che ci guarda da lassù, applaudiamo Marc Cameron che alla sua terza prova narrativa (almeno con riferimento all’editoria italiana), mi pare proseguire un vero percorso di crescita: “Potere e impero” mi aveva fatto nicchiare, “Attacco dal cielo” mi aveva convinto un po’ di più e “Codice d’onore”…. oh, “Codice d’onore” mi ha fatto ripensare davvero ad alcune delle migliori pagine del nume tutelare del genere, il cui non nome campeggia ancora in copertina.

Chi conosce bene la saga di Jack Ryan (senior), capirà quasi subito a cosa io faccia riferimento: nella definizione dei personaggi e nella loro determinazione ai fini della trama, Clancy aveva una abilità sovrannaturale: certo, i principi guida dei protagonisti e la loro applicazione nelle azioni erano al limite dei bidimensionale e spesso totalmente iscrivibili al “buono/buonissimo vs. cattivo/orribilmentecattivissimo”, ma la sinfonia funzionava ugualmente e il lettore si ritrovava a essere immotivatamente affezionato a personaggi tagliati con l’accetta. Per la prima volta da un po’, mi è accaduto lo stesso.

Lodevole anche il tentativo di attualizzare la trama con un – a mio parere riuscito – inserimento di elementi critici sull’utilizzo dell’AI in contesti spionistici: non sono in grado di valutarne l’attendibilità, ma lo sviluppo dell’agente segreto virtuale in ambito videoludico è credibile e nella lettura capita di avere la tentazione di spegnere Alexa ogni quindici secondi, quindi direi che funziona.

Infine, Clark (si, c’è!, in un momento in cui ricorderete “Senza rimorso”), Chavez (sì, c’è anche lui e nelle ultime pagine vi renderete conto di quanto tempo è passato…) e Cathy Ryan (spoiler finale su ruoli futuri della moglie di Jack?) si muovono in un contesto geopolitico di particolare attualità e se consideriamo che “Attacco dal cielo”, datato nell’edizione USA 2018, citava mira espansionistiche russe in Ucraina... #tomclancy #codicedonore #thriller
Ci sono alcune cose che per sono sinonimo di “fa Ci sono alcune cose che per sono sinonimo di “fatto bene e con passione”. E’ una sensazione strana, un misto di ringraziamento per l’opportunità di vivere un momento di comprensione della bellezza del “fatto bene” e di soddisfazione per il saperlo riconoscere, seguito dalla immediata necessità di condivisione con il mondo. 

Tipo, se penso alle ultime settimane, credo di averlo provato per: la cura nella proposta editoriale della libreria @ubiktrieste / l’attenzione ad una parola in una canzone che ho ascoltato / il tentativo in un pannello espositivo di spiegare la portata di una tragedia / la preoccupazione di correggere un errore assolutamente veniale in un podcast del Post / una impostazione dell’Iphone / i dettagli in un volume edito da Keller / …). 

Quando penso a “cose fatte bene”, in ambito editoriale non riesco a non pensare (anche) a The Passenger: ogni spazio ha un senso, ogni grafico rivela un approfondimento, disegni e fotografie mostrano con evidenza che si può fare dell’ottima editoria e creare un prodotto (il termine è orribile, me ne rendo conto) che parli a ognuno dei lettori in una maniera diversa, a seconda delle sua storia, esperienza o sensibilità. 

E, attenzione, non è un The Passenger che per me resterà indimenticabile: un po’ perché l’effetto deja vu, essendomi goduto lo splendido California di Francesco Costa, era imparabile, un po’ perché il tentativo – perfettamente riuscito – di evidenziare le differenze fra il sogno e la realtà, fra l’immaginario e la verità di uno stato che vive di contraddizioni profonde, impossibili e che fanno sussultare per ingiustizia nell’insieme complessivo del volume mi è sembrata persino eccessiva, fin troppo sbilanciata. 

Ma ciò non toglie che guardi The Passenger e pensi a quanto sia affascinante quando una cosa è davvero “fatta bene”. #thepassenger #california #francescocosta #libri #librisulibri #instalibri #bookstagram #usa
E’ che mi rendo conto che ogni volta scrivo “i E’ che mi rendo conto che ogni volta scrivo “il miglior Dortmunder della serie”, ma poi ne trovo (faticosamente) un altro, lo affronto, passo ore intense a leggere, rispondo alle domande di chi mi sta attorno e mi chiede perché rido, finisco, mi metto alla tastiera e scrivo “il miglior Dortmunder della serie”. Fino al prossimo.

(che poi, prossimo… Mi rendo conto con raccapriccio di essere arrivato all’ottavo volume, Wikipedia ne enumera un totale di sedici ma di alcuni non fornisce evidenza di edizione e traduzione italica. Non ho ancora indagato, come i bambini che chiudono gli occhi per non vedere, ma temo di non essere molto lontano dal salutare Dortmunder per sempre, e la cosa non mi fa star bene). 

In “Meglio non chiedere”, Dortmunder è alla ricerca di… un femore. Certo, non si tratta di un osso qualunque: è una reliquia, un prezioso reperto capace di mutare gli scenari geopolitici di due paesi lontani e nati dal frazionamento dell’Europa Orientale. E che siano la Tsergovia o il Votskojek a vedersi attributo lo stato di nazione partecipante all’ONU dipende infatti (anche) dal parere di un arcivescovo che non potrà che favorire il paese in possesso della preziosa reliquia. 

Il resto è noto: la tradizionale sarabanda di piani perfettamente studiati e ovviamente destinati a fallire per un minuscolo contrattempo, l’ironia di dialoghi perfettamente calibrati fra personaggi di diversa estrazione sociale e culturale (“Cos’è che ha detto? Cos’è un paradosso?” “E’ un prodotto tipico dell’Europa dell’Est”) ma accomunati da un certo tipo di cuore, con la gradevolissima sorpresa di un coinvolgimento ancora più personale di Dortmunder, rapito e imprigionato per qualche giorno dagli odiosi sgherri del Votskojek. 

Non spoilero, ma la nottata a testare i sistemi di sicurezza della villa e la messa in scena per la risoluzione finale valgono ogni centesimo speso per l’acquisto. #dortmunder #westlake #donaldwestlake #gialli #libri #libriconsigliati #librisulibri #instalibri #bookstagram
Si può sorridere leggendo una storia vera ambient Si può sorridere leggendo una storia vera ambientata in una delle epoche più scure del nostro recente passato? Ci si può gustare l’ironia del racconto di un intero sistema di sorveglianza, esteso e scientifico, plastica dimostrazione del terrore che alberga nelle stanze del potere al pensiero che i cittadini pensino? 

Si può se l’autore, figlio di un intellettuale russo che riuscì a far pervenire in Occidente testi satiricamente feroci che tratteggiavano i lati peggiori della dittatura comunista, sceglie di ribaltare completamente il punto di vista, e invece di affidare il racconto al perseguitato decide di rendere protagonista la voce degli oppressori, uomini tutto sommato piccoli e schiavi della loro stessa burocrazia tesa al silenzio. 

Aggiungi un paio di scenette del tutto memorabili (dallo spostamento della salma di Stalin alle discussioni sul nome da dare al figlio in arrivo di una coppia sospetta la cui  casa è ripiena di microfoni), è il risultato è un testo convincente, che consente davvero una immersione anche molto critica in quel contesto storico ma senza perdere un po’ di leggerezza. Tag #libriconsigliati appropriato. 

#iegorgran #gliufficicompetenti #einaudi #libri #urss #pasternak #librisulibri #instalibri #bookstagram
A luglio del 2020, quasi in coincidenza con il 27° anniversario della battaglia di Mogadiscio che vide tragicamente ed eroicamente protagonista il nostro contingente militare in Somalia e in cui si distinsero per particolare valore i Diavoli neri della Folgore, avevo tra le mani il racconto di quell'evento del Generale Paolo Riccò.
 
A distanza di tre anni, e in coincidenza con un altro anniversario - abbiamo letto da poco sui giornali il ricordo della riconquista talebana di Kabul di due anni fa - sono nuovamente alle prese con un testo dello stesso autore, e ne resto ugualmente affascinato.
 
E ancora una volta, prevale lo stupore di quanto poco sapessi, nonostante le migliori intenzioni di essere informato e una certa passione per le gesta delle nostre Forze Armate; di più (!), per un malato di Aeronautica Militare "Il Gomito del Diavolo" è un reportage ai limiti dell'imperdibile, per il ruolo di coordinamento delle forze aree che ebbe il Gen. Riccò e per il racconto dell'impiego di elicotteri, caccia-bombardieri e droni che il racconto ci porta pagina dopo pagina a scoprire.
 
L'autore ci conduce con la sicurezza della professionalità che lo contraddistingue e con parole mai fuori dalle righe - nonostante le scene delle sfuriate alle SF americane siano un cameo imperdibile - ad una visione dall'interno di una campagna militare in cui "si perse la guerra nonostante l'aver vinto tutte le battaglie". L'intricato sistema di regolamenti sulle regole di ingaggio e l'altrettanto complicata gestione dei rapporti con gli afghani regaleranno alcune risposte, senza mai distogliere lo sguardo dall'uomo, dai suoi limiti e dalle sue follie.
 
Per appassionati, sì, ma impossibile da abbandonare.
Due informazioni che mi mancavano su Gibuti, nuova Due informazioni che mi mancavano su Gibuti, nuova tappa del mio giro del mondo letterario in ordine alfabetico: è uno stato del Corno d’Africa (e confesso che non avrei saputo minimamente posizionarlo sulla piantina) e quando ho aperto io gli occhi per la prima volta a Gibuti (che è anche il nome della capitale) sventolava ancora la bandiera francese. Sì, Gibuti fino al 1977 era colonia, non so perché la cosa mi abbia fatto così impressione, ma tant’è. 

DAl punto di vista letterario, tutti le fonti mi hanno condotto a Abdourahman A. Waberi: non che la scelta appaia infinita, ma Balbala – romanzo del 1997, indipendenza del paese appena maggiorenne (continua a farmi impressione) – mi era sembrato potenzialmente interessante.

Introdurrò un concetto che probabilmente riguarda la mia sola personcina e fine lì: quando nell’introduzione leggo la definizione di “romanzo atipico”, inizio a preoccuparmi, è più forte di me.

Ora, Balbala è sicuramente un romanzo atipico: è certamente polifonico, anche se la voce in qualche modo principale mi è sembrata quella del maratoneta ex gloria nazionale Waïs, incarcerato per opposizione al potere politico in quella che sembra la giusta rivendicazione di chi è passato dallo status di colonia a quello dittatoriale, e prima ancora di domandarsi se “non si stesse meglio prima” (semi-cit.) rimpiange le possibilità evaporate. L’atipicità letteraria risiede principalmente nella forma espressiva, saltellante fra richiami a storie popolari e infiniti monologhi interiori, con una linea temporale che si affaccia verso un futuro incerto, guarda con un minimo di nostalgia a un passato (remoto) di pura socialità e fatica a interpretare un presente di difficoltà. 

E’ quel tipo di sperimentazione letteraria che faccio fatica ad apprezzare e che mi appare sempre un filo dispersiva: mi fa pensare a una (magari ottima) antologia di racconti artificiosamente trasformata in romanzo senza riuscire a integrarla, come quando fai un puzzle e provi a schiacciare quel pezzo che è lì che dovrebbe stare, ma poi ti rendi conto che non ci sta.

C’è sicuramente che ho bisogno, in questo periodo, di respirare dentro una storia, e qui mi sembrava di tossire.
Ci sono due possibilità. La prima possibilità: Ci sono due possibilità. 

La prima possibilità: ho un problema con le valutazioni, il che potrebbe anche far sorridere se si considera che sono qua (e lì, e là) a scrivere cosa ne penso dei libri che leggo. Ma la verità è che ho un problema con le valutazioni, che deriva dal dubbio feroce che – in fondo fondissimo – se dico di qualcosa che è “sopravvalutato”, è perchè non lo conosco sufficientemente bene, non l’ho frequentato, o mi genera antipatia (che è diverso dalla sopravvalutazione, credo). 

Finisce che mi viene in mente quando ero un windows-user (anche piuttosto informato, ci lavoravo) e non sopportavo gli Apple-fan, consideravo i Mac fortemente sopravvalutati. Poi un girono, snervato dall’ennesimo pc che dopo sette mesi aveva le prestazioni di una marmotta defunta, ho comprato un iBook, l’ho portato a casa, ho chiamato il fratellone Mac-chista e gli ho chiesto “vabbè, dove trovo i driver per il modem che mi devo collegare a Internet” e lui mi ha detto “driver? e cosa sono? hai provato a fare click su connetti?” e io ho capito che non avevo sopravvalutato, era che non conoscevo proprio. (questo esempio è la roba più boomer che io abbia scritto negli ultimi 22 anni).

Difficile che mi venga da attribuire la patente di “sopravvalutato” a un autore, un libro, una situazione, un piatto: più facile che riconosca di non sapere oppure che confessi che mi sta semplicemente sui maroni per motivi che hanno a che fare con la mia storia, il mio inconscio, la mia scala cromatica di riferimento, le sonorità ascoltate in culla, o chennesoio. Deve essere per questo che non sono entrato in sintonia con questa antologia: un paio di racconti (Papi, la Raimo) mi hanno anche convinto, ma in generale mi è scivolato via come un bicchiere di acqua fresca, che si sa che disseta come niente altro al mondo ma non resta nella memoria. 

Seconda possibilità: le antologie di racconti su un argomento scelto sono sopravvalutate. 

#libri #racconti #aragoste #cosesopravvalutate #picnic #antologie #instalibri #librogram
Nell’edizione che è appoggiata adesso vicino al Nell’edizione che è appoggiata adesso vicino alla mia tastiera, sei un bel tomo di 777 pagine. Ti ho letto su almeno tre dispositivi diversi, oltre che sulla carta, godendomi ogni tua pagina come sempre mi è successo quando sulla copertina c’era il nome di Svetlana Aleksievic.

Ti ho letto lentamente, mentre intorno cambiavano le stagioni: eri su un Kobo che ogni tanto si accendeva e ogni tanto no questo inverno, tuffato nella tasca dello zaino, e per afferrarti una volta seduto in metropolitana ho dovuto togliere i guanti. Mi parlavi di un eroe di guerra che aveva difeso Stalingrado e che non riconosceva più la sua terra.

Mi hai fatto compagnia sul nostro terrazzo, mentre la nuovissima griglia cuoceva per la prima volta le salamelle, e io dovevo resistere alla tentazione di andare a guardare ogni trenta secondi come stesse andando. Mi hai raccontato di contadini che alla ipotetica libertà democratica si interessavano il giusto, perchè il raccolto continuava a fare schifo e i prezzi delle sementi cresceva con costanza quotidiana. E io capivo lentamente i meccanismi politici e sociali che fanno sì che si guardi con nostalgia a un periodo che visto da qui sembra terrificante (e lo era), ma che univa in un unico meccanismo infernale povere vittime e privilegiati carnefici utilizzando l’Ideale come assurdo collante.

Eri con me questa estate in riva al Tirreno, mentre leggevo di “siamo andati a dormire ed eravamo una superpotenza, ci siamo svegliati ed eravamo un’economia da terzo mondo”. Ascoltavo servizi del telegiornale e pensavo che forse tutto quello che sta accadendo oggi in Europa e in Africa è spiegato dalle voci che si sollevavano dalle tue pagine.

Sei un’opera monumentale da gustare una pagina alla volta, sei un coro di dialoghi e discorsi mai dissonanti, sei ricolmo di vita e morte, tragedia e speranza, disillusione e rimpianto.

Sei uno splendido oggetto letterario di Svetlana Aleksievic, e dovrebbero leggerti tutti. 

#svetlanaaleksiyeviç #tempodisecondamano #libri #leggere #russia #instalibri #librisulibri #libriconsigliati #saggistica #storia #bompiani
Agilissimo volumetto che mi conferma quanto di buo Agilissimo volumetto che mi conferma quanto di buono ho sempre pensato della scrittura di Mauro Covacich: che si tratti di racconti, di romanzi, di una guida letteraria alla mia città o di un compendio di trenta schede che presentano altrettanti protagonisti della scena internazionale dell'arte contemporanea, Covacich riesce ad essere avvincente, con quel pizzico di ironia ben dosata che sa fare la differenza.

Lettura accompagnata da due fenomeni.

Il primo, imparabile, è la ricerca di opere sul web in un continuo saltellare dal testo al motore di ricerca: il tutto, si badi bene, nonostante il volume sia adeguatamente illustrato, e forse anche per questo mette in bocca una certa sete di conoscenza e di approfondimento che senti necesasario.

Il secondo aspetto, che mi ha attanagliato fin dal momento compulsivo dell'acquisto, è rappresentato dalla più classica e banale delle domande: "ma ha poi senso spiegarla, l'arte contemporanea, o andrebbe vissuta semplicemente per l'impatto che ha, l'emozione che genera, il pensiero a cui ti spinge?".

Scrivo pochi giorni dopo esserci goduti le installazioni di Leandro Erlich al Palazzo Reale: un bellissimo pomeriggio, anche perché Milano ci stava regalando una di quelle giornate di cielo terso, zero traffico, temperatura accettabile. E' lì, davanti a nuvole imprigionate in una teca di plexiglass o a navi che non galleggiano su un liquido, che ho pensato che sì, anche l'arte contemporanea va spiegata, per il rischio di lasciarsi catturare dalla sola sensazione o dal tecnicismo ben riuscito e perdersi i piani di racconto più profondi e - quindi - più impattanti sulle nostre giornate.

"L'arte contemporanea spiegata a mio marito" è quindi utile, appassionante e foriero di riflessioni. E la mostra di Erlich anche. #maurocovacich #artecontemporanea #mostre #milano #laterza #saggistica #instabook #bookstagram #instalibri #librisulibri #libriconsigliati
Chi conosce con profonda verticalità i miei gusti Chi conosce con profonda verticalità i miei gusti letterari sa che ho una predilezione per autori capaci di parlare del nostro presente raccontando di passati alternativi o di futuri immaginari e credibili: sono due operazioni radicalmente diverse (vogliamo definirle ucronie e distopie?) ma accumunate dalla ricerca di una definizione del nostro mondo immaginandone altri. Dovessi fare un nome direi Tullio Avoledo, per il quale provo una passione letteraria che si vena di tanto in tanto di semi-fanatismo. 

Da qualche minuto, terminata l’ultima pagina di “Prima della rivolta”, a questa mia personalissima ristretta lista di voci originali e infinitamente intriganti si aggiunge Michele Turazzi, che ha pubblicato un romanzo potente, affascinante, clamorosamente voltapagina, capaci di totalizzare l’attenzione del lettore con una trama solidissima, una ambientazione milanese futuristica da urlo e una serie di personaggi difficili da dimenticare. 

“Prima della rivolta” mi è parso, se proprio fossimo costretti alla ricerca di una definizione, prima di tutto un ottimo giallo: c’è una vittima – ricco industriale visionario asserragliato all’ultimo piano della Velasca, ucciso da una prelibatezza giapponese, c’è un investigatore anticonformista dal passato un po’ oscuro (il magnifico De Santa, rientrato a Milano dopo anni di esilio montanaro) con le inevitabili spalle, c’è una rosa di potenziali sospettati. Soprattutto, c’è un contesto sociale polarizzato fra Frontisti (a cui una società così disgregata in fondo non dispiace affatto) e Antagonisti, utopistici propugnatori di un mondo nuovo e più giusto, c’è un nuovo culto che sostiene la necessità di estinzione del genere umano e c’è una Milano del 2045 sconvolta dal cambiamento climatico e da nuovi equilibri mondiali. Inevitabile che l’ambientazione regali pure perle di piacere a chi viva o lavori all’ombra della Madonnina, ma il romanzo vi affascinerà anche se non frequentate Isola e non avete mai rallentato in viale Palmanova. 

(continua nei commenti) #primadellarivolta #leggere #libri #libriconsigliati #micheleturazzi #instalibri #bookstagram
Chi era Bobi Bazlen? Fai persino fatica a dirlo, Chi era Bobi Bazlen? 

Fai persino fatica a dirlo, per tutto quello che fu. Vero scopritore di Svevo, introduttore in Italia dei lavori di Kafka e Musil, fondatore di Adelphi, correttore epistolare delle poesie di Montale, amico di Saba, protagonista della stagione dei caffè letterari triestini, consulente editoriale di Einaudi, fulcro di una intera stagione editoriale italiana, (quasi) mai scrittore. 

Calasso gli dedicó le sue ultime pagine, Cristina Battocletti ci offre un racconto biografico che si fa quasi romanzo, che si legge sottolineando e cercando nomi e testi su Internet, che fa rimpiangere una stagione culturale e a volte sorridere per gli incroci a cui ci costringono gli eventi, le scelte, le vite. 

392 pagine che mi hanno accompagnato per giorni, costituendo la quota triestina della mia estate 2023 e riempiendo la mia “lista dei libri da leggere” come non mai. Un ritratto intimo ma mai mitologico, vivo e mai agiografico, di un’anima bella e complessa, accompagnato da una serie di note finali (ne cito una: la nascita di Adelphi) che faranno salivare gli appassionati. #bobibazlen #trieste #lombraditrieste #libri #saggi #saggistica #letteratura #storia #adelphi #lanavediteseo #libriconsigliati #instalibro
Carica altro Segui su Instagram

Capitolo23

Alfonso d'Agostino

Proudly powered by WordPress | Tema: Newsup di Themeansar.

  • Home
  • CAPIT-OLIBRI
    • GIALLI & NOIR
    • 1001 LIBRI DA LEGGERE
    • MILITARE
    • SPORT
    • PREMIO STREGA
  • CAPIT-ELLI
  • CAPIT-MUNDI
  • CAPIT-ATO
  • CAPIT-OMBOLI
  • 1001 LIBRI DA LEGGERE
  • GIRO DEL MONDO LETTERARIO