Se non ho contato male, ho passato in terra colombiana un totale di nove giorni. Non mi impedisce di considerarla un po’ seconda patria, di tifare Los Cafeteros quando scendono in campo in Copa America o ai mondiali e di riconoscere che ha a che fare con due personcine più che importanti nella mia biografia. La Colombia, insomma, detiene saldamente un pezzo del mio cuore.
È uno dei motivi per cui mi sono tuffato su “La buona guerra” di Phil Klay, anche con un pizzico di incoscienza: potevo intuire dalla quarta di copertina che il tema dominante potesse essere il conflitto tra narcos, governo e guerriglia FARC (spesso con triangolazioni e semi-alleanze difficili da comprendere), ma non ero del tutto pronto alla portata emotiva del romanzo.
Lo sguardo di Klay sugli anni più difficili dello splendido stato sudamericano si dipana attraverso diverse esistenze e voci narranti, tra le quali rimangono impresse quella di una reporter statunitense rientrata dall’Afghanistan che cerca a Bogotà e dintorni una nuova storia e quella di un ufficiale colombiano di alto grado, sospeso fra un senso del dovere machiavellico e desiderio di proteggere la famiglia. Ma il romanzo è complessivamente polifonico, racconta una serie infinite di storie, riconcilia con una narrativa di ampio respiro, capace di intrecciare in un arazzo credibile ed efficace i fili delle vite di essere umani piccoli, grandi, disperati e magnifici.
“La buona guerra” è un romanzo duro senza scadere nello scioccante, vero senza finire nella cronaca e toccante senza appoggiarsi alla facile retorica. Spiega la sporcizia di ogni guerra e il desiderio di poterla definire “buona” da parte chi ne è protagonista, spettatore, vittima.
SCHEDA LIBRO
Autore: Phil Klay
Titolo: La buona guerra
Editore: Einaudi
Pagine: 456
ISBN: 978-8806247928
Prezzo: € 19,00 cartaceo, € 10,99 versione ebook
Quarta di copertina
Lisette, una giornalista americana cresciuta tra le dolci colline della Pennsylvania e appena rientrata esausta dall’Afghanistan, vuole invece una «buona guerra» e va a cercarla proprio in Colombia. In Colombia è andato anche Mason, sottufficiale di collegamento delle Special Forces che ha cominciato la carriera militare in Iraq e che, dopo essere diventato padre, ha capito di averne abbastanza di carri armati e ordigni esplosivi.