Sarà per un fattore ambientale: “Mi limitavo ad amare te” dipana le sue infinite storie umane a partire da un orfanotrofio di Sarajevo, mentre divampa nei Balcani quella che chiameremo “guerra nell’ex Jugoslavia”, e che per me si traduceva in un conflitto atroce a (tutto sommato) pochi chilometri da casa. E sarà che il romanzo mi ha aiutato a ricordare pagine splendide, tragiche, commuoventi di Paolo Rumiz. 

Sarà che l’altra sera, mentre guardavo con MoglieRiccia un documentario su un evento drammatico del recentissimo passato, ho sentito una madre affermare che “all’assenza ci si può abituare, alla mancanza mai”, e questo è un romanzo di immense mancanze, di solitudini feroci, di abbandoni subiti o decisi. Ed è una storia di contraddizioni infinite, perché nella biografia dei bambini bosniaci salvati dal conflitto e portati in Italia, si avverte un salvifico strappo, una liberazione che è anche sradicamento, che fa un male cane leggere. 

Sarà, forse soprattutto, che ho trovato in “Mi limitavo ad amare te” un romanzo ricolmo di desideri e speranza, di incontri che segnano una vita con il misterioso dipanarsi di relazioni intrecciate, accomunate da aneliti di felicità. 

Sarà che c’è la scatolina di un bambino in un cui riporre le lacrime, che poi evaporano, e il dolore va via. 

Sarà per tutto questo, e sarà che Rosella Postorino è con tutta evidenza una scrittrice di talento cristallino, dotata di una scrittura lirica eppure efficace, ma “Mi limitavo ad amare te” mi ha colpito, commosso, avvolto, ferito, come solo la grande letteratura sa fare.

SCHEDA LIBRO
Autore: Rosella Postorino
Titolo: Mi limitavo ad amare te
Editore: Feltrinelli
Collana: Narratori
Pagine: 352
ISBN: 978-8806251635

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Riassumendo
  • 9/10
    Una storia infinita - 9/10
9/10

Quarta di copertina

Si esiste interi solo prima di nascere. Ma quello strappo è la vita. Omar ha dieci anni e passa le giornate alla finestra sperando che sua madre torni: da troppi giorni non viene, e lui non sa più nemmeno se è viva. Suo fratello gli strofina il naso sulla guancia per fargli il solletico, ma non riesce a consolarlo

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