Ci sono libri di cui si è detto e letto talmente tanto che pare impossibile aggiungere qualcosa (inevitabilmente capita in particolare con quelli elencati nella lista dei 1001 libri da leggere). La questione si complica ulteriormente quando il romanzo in questione fa parte del Pantheon dei tuoi libri di riferimento e provi per il suo autore un affetto personale.

Nella mia esistenza, la Guida galattica per gli autostoppisti è stata per anni oggetto di riletture continue. Di più, credo di dovere all’intera saga ideata da quel genio di Douglas Adams un bel po’ della scoperta del piacere della lettura, un certo senso dell’umorismo (quindi MoglieRiccia adesso sa con chi prendersela), l’amore per personaggi con le caratteristiche di Arthur Dent, di cui mi sorprendo a ricercare l’eco in tanti altri protagonisti di romanzi in cui mi avventuro. In alcuni momenti, la Guida Galattica è stata quasi una medicina: le sue prime pagine, e in particolare il confronto verbale fra Arthur e il capo dei demolitori inviato a distruggergli casa, mi hanno risollevato il morale in tante occasioni (e la poesia vogon, e l’importanza dell’asciugamano, e la propulsione a improbabilità, e mille cose ancora…). 

Che poi la Guida galattica è uno di quei (rari) romanzi che si modificano nel tempo. Ovviamente non nella sua forma editoriale, o nel testo, non aspettatevi di trovarlo più largo o più lungo, o di scoprirne un font diverso dopo un paio d’anni. Persino la trama rimarrà la stessa, ma vi garantisco che scoprirete ad ogni rilettura qualcosa di diverso da quello che ricordavate.

Ho riletto recentemente la Guida Galattica. E mi sono accorto all’improvviso, alla settima o forse ottava volta che la riaffrontavo, che sebbene abbia dato vita a un nuovo genere letterario e a un modo di utilizzare ironia e umorismo del tutto nuovo, la Guida è un libro terribilmente serio. Non ci credete? Estraggo dal testo:

“La storia di tutte le maggiori civiltà galattiche tende ad attraversare tre fasi distinte ben riconoscibili, ovvero le fasi della Sopravvivenza, della Riflessione e della Decadenza, altrimenti dette fasi del Come, del Perché e del Dove. La prima fase, per esempio, è caratterizzata dalla domanda ‘Come facciamo a procurarci da mangiare?’, la seconda dalla domanda ‘Perché mangiamo?’ e la terza dalla domanda ‘In quale ristorante pranziamo oggi?”.

Se vi state domandando in quale fase si trovi oggi la nostra civiltà, beh, siete in buona compagnia. 

Oppure: 

“Aveva pensato che le bocche degli esseri umani dovessero continuamente esercitarsi a parlare per evitare di rimanere inceppate. Dopo avere osservato e riflettuto alcuni mesi, Ford aveva abbandonato questa teoria per un’altra. Aveva pensato che se gli esseri umani non si esercitavano in continuazione ad aprire e chiudere la bocca, corressero il rischio di cominciare a far lavorare il cervello”.

Lo sentite quel pensiero in sottofondo che vi fa domandare quante volte avete aperto la bocca per non far lavorare il cervello? Siete, di nuovo, in ottima compagnia. 

La Guida galattica mi ha insegnato che, molto più spesso di quanto immagino, lanciarmi alla ricerca di una risposta (42) quando non è chiara la fottutissima domanda è parte del dramma umano. Mi sembra più che sufficiente per non considerare la saga un semplice esempio di “fantascienza umoristica”. 

SCHEDA LIBRO
Autore: Douglas Adams
Titolo: Guida galattica per gli autostoppisti
Editore: Mondadori
Collana: Oscar
Anno di pubblicazione: prima edizione 1979
Pagine: 213
ISBN: 978-8804666851

Acquisto: Amazon.it : cartaceo copertina flessibile € 16,15, ebook € 9,99

Riassumendo
  • 9/10
    Indimenticabile - 9/10
9/10

Quarta di copertina

Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo. A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione

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