Sono cresciuto sul Carso, inforcando la bicicletta e raggiungendo spazi in cui bastava scavare due centimetri di terra per trovare delle schegge di bomba: ci si portava una calamita per distinguerle dai sassi, e si tornava a casa con un sacchetto pieno (chissà dove son finite, poi). Una volta trovammo un bossolo, un’altra volta un grilletto.
Sono cresciuto a pochi chilometri da Redipuglia. Anche lì ci si andava in bici, la si lasciava appoggiata al muro del bar ristorante, si attraversava la strada e si poteva scegliere: un giro nelle trincee fingendo di respingere l’assalto di invisibili nemici dal cappello a punta, o salita sulle gradinate del Sacrario scorrendone i nomi, quando ancora “centomila caduti” era un numero che impressionava ma non coglievo nella sua enorme tragicità.
Emilio Lussu, in questo libro meraviglioso censurato nell’Italia del Ventennio (e non si fatica a capire perché) ha mostrato ai suoi lettori e al mondo che cosa sia la guerra di trincea. Di più: ha mostrato che cosa sia la Guerra in generale, le sue infinite assurdità, le idiozie decisionali che provocano tragedia, tutto il corredo di devastante stupidità e orrore di cui ci siamo ricordati all’improvviso solo adesso che i suoi artigli lambiscono l’Europa Occidentale.
Un anno sull’altipiano è una lettura infinitamente preziosa, persino difficile da sopportare in alcuni punti pur non indulgendo mai sul particolare macabro o disturbante: è un lungo e tortuoso percorso nell’animo umano, un viaggio nella storia dei nostri luoghi e della nostra memoria, un monito per il presente e il futuro. Senza temere il paragone con il più celebre Remarque, che si sa che le cose di casa nostra le guardiamo sempre con un po’ più di sospetto.
SCHEDA LIBRO
Autore: Emilio Lussu
Titolo: Un anno sull’altipiano
Editore: Einaudi
Collana: –
Anno di pubblicazione: prima edizione 1938
Pagine: 216
ISBN: 9788806219178
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Riassumendo
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8/10
Quarta di copertina
L’Altipiano è quello di Asiago, l’anno dal giugno 1916 al luglio 1917. Un anno di continui assalti a trincee inespugnabili, di battaglie assurde volute da comandanti imbevuti di retorica patriottica e di vanità, di episodi spesso tragici e talvolta grotteschi, attraverso i quali la guerra viene rivelata nella sua dura realtà di “ozio e sangue”, di “fango e cognac”.