Con I bravi soldati di David Finkel, anche la guerra in Iraq ha il suo cantore. Il suo Omero di Troia, il suo Remarque del fronte occidentale, il suo Michael Herr del Vietnam: una voce in grado di raccontarne le sfumature, inevitabilmente superando la cronaca e la cronistoria per entare nell’unica dimensione in grado di raccontare davvero la Storia: l’uomo.

David Finkel è un cavallo di razza del giornalismo USA, con un premio Pulitzer sulla mensola e uno sguardo attento alla sua contemporaneità: nel 2007, dopo che George W. Bush ebbe dichiarato il surge (un aumento degli effettivi americani sul campo con l’intenzione di chiudere un conflitto in cui gli States si erano ormai impantanati da 4 anni), Finkel si unì al battaglione 2-16 e tracorse 15 mesi con i soldati americani a Baghdad.

Senza mai esagerare nella drammatizzazione degli eventi, Finkel ci regala una visione del conflitto dagli occhi dei militari sul campo, spaziando dagli ufficiali ai soldati più giovani: occhi pieni di entusiasmo alla partenza, che si incupiscono piano piano mentre gli ordini esplosivi improvvisati sui margini delle strade cominciano a mietere le primi vittime, ci si accorge quotidianamente come non sia sufficiente regalare palloni da calcio ai bambini per diventare benvoluti e storie di ragazzi poco più che ventenni si interrompono in uno squarcio rumoroso e accecante sulla Route Predators.

Manca – e non è nelle intenzioni dell’autore – un quadro storico e politico, se non nelle parole tratte dalle conferenze stampa del Presidente che aprono ogni capitolo e che risuonano ridicole nel distacco dalla realtà sul campo. Non è lì che Finkel vuole concentrare la nostra attenzione: il racconto è coinvolgente perché capace di zoomare sulle singole vite di giovani americani, cresciuti fra playstation e sciroppo d’acero e diventati improvvisamente “bravi soldati”.

8/10

Riassumendo

Gennaio 2007: era un momento difficile della guerra in Iraq, il presidente Gorge W. Bush aveva annunciato una nuova strategia che comportava l’invio di altre truppe. A tal scopo vennero mandati in Iraq molti giovani soldati pieni di ottimismo, tra i quali i componenti del 2° battaglione, 16° reggimento di fanteria americano. Il loro compito era quello di pattugliare una delle zone più pericolose di Bagdad. 

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