(qui siamo al Biochetasi. A Santo Stefano. Entrambi.)
Il mio rapporto con Stephen King è stato sempre piuttosto complicato: una combinazione di poco interesse per il genere letterario, scoraggiamento da lunghezza del tomo (che, se non ami il genere, comprenderete) e alcuni momenti di vicinanza dietro specifico consiglio (lessi anni fa La lunga marcia e mi piacque parecchio).
L’uomo in fuga mi ha ricordato quella lettura: una sorta di apnea della durata giusta, una corsa verso il finale sfogliando pagina dopo pagina con la sensazione che, cavolo, non-dovrebbe-piacermi-così-tanto-ma-non-riesco-a-smettere. Il che va più che bene, sia chiaro.
La trama ricorderà una puntata di Black Mirror (ne ho una in mente piuttosto chiaramente) o, più probabilmente, qualcosa alla Hunger Games, ma è giusto ricordare che il volume è del 1982 (ed è firmato Richard Bachman, lo pseudonimo con cui King si divertiva a testare il mercato dopo essere diventato famoso): negli States del 2025 ogni famiglia americana passa il tempo davanti alla tri-vu (una tv tridimensionale) seguendo feroci reality show in cui i concorrenti vengono messi fi-si-ca-men-te alla prova. Quello da cui nessuno è mai uscito vivo è L’uomo in fuga: il protagonista guadagna cento dollari per ogni ora di sopravvivenza mentre è inseguito da cacciatori di taglie, semplici telespettatori, forze dell’ordine. Ben, disoccupato e padre di una bambina malata, decide di tentare la sorte e viene selezionato.
Il tema è certamente attuale, la vicenda inevitabilmente appassionante, le ultime pagine – se si esclude una deriva splatter francamente del tutto inutile – regalano un paio di colpi di scena e persino un sussulto di emozione.
Lontano dall’alta letteratura, ovviamente, ma non sarebbe stato lecito aspettarsi un romanzo che resti nella memoria.
Quarta di copertina
Ben Richards decide di partecipare alle selezioni per “L’Uomo in fuga”, un sadico e famosissimo show televisivo in cui il protagonista, braccato dai cacciatori della Rete e da chiunque lo riconosca, guadagna cento dollari per ogni ora di sopravvivenza e, se è fortunato ed è ancora vivo allo scadere dei trenta giorni concessigli, un miliardo di dollari.