Cresciuto in una casa ad alta gradazione aeronautica, ho sempre sentito parlare di piloti che “avevano il manico”, massima espressione per sancirne l’abilità aviatoria. Paul Nothomb (sì, era un prozio), che ha combattuto la Guerra Civile spagnola nella squadriglia internazionale comandata dallo scrittore francese André Malraux (che diventa Réaux nel libro), era uno scrittore – e un pilota – con il manico.

Pubblicato nel 1952, Il silenzio dell’aviatore è un romanzo che resta distante (direi, vola sopra) le vicende della guerra di Spagna e delle sue nefandezze; la si intuisce appena nella trama, dove il sospetto che l’asso appena arrivato nella squadriglia e decisivo fin dalla prima azione sia in realtà un traditore fanno emergere quelle distanze fra comunisti e anarchici che tanta letteratura ha descritto. Se mi si consente – ed è azzardato – siamo quasi più dannunziani che hemingway-ani: l’Uomo al centro, l’azione quasi ad ogni costo, ma con un sottofondo di umanità e di dolore per il passato che trascina fino alle ultime pagine, non del tutto risolutive ma certamente toccanti.

Il silenzio dell’aviatore è un piccolo gioiello, pubblicato magistralmente da Keller (che splendida edizione!) e acquistato in una libreria di Lodi che sarebbe da pazzi perdersi: è la Mittel, “una stanza di casa, fuori casa”, un luogo bellissimo con una atmosfera unica e una selezione letteraria magnifica. Fatevi un favore e visitatela.

7/10

Quarta di copertina

Il silenzio dell’aviatore è un appassionante romanzo autobiografico ambientato durante la Guerra Civile spagnola. Sin dall’inizio si viene catapultati in piena battaglia. L’intero equipaggio è nelle mani di un pilota belga sul quale pesa però il sospetto di tradimento. 

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