Grande stima per Forsyth, per la sua carriera (in realtà, per le sue carriere, certamente più d’una) e anche per una buona parte della sua produzione letteraria. Ma La volpe, ultimo romanzo di un autore che ha riscritto le regole del romanzo di spionaggio, ha deluso profondamente le mie aspettative.

La volpe racconta la storia di Luke Jennings, giovanissimo autistico che è riuscito nell’impresa di violare i database dei servizi segreti americani utilizzando un normale pc e un talento incomprensibile per gli esperti. Catturato in una operazione delle forze speciali inglesi, sarà affidato a sir Adrian Weston, consigliere della premier britannica, in pensione dopo un leggendario passato da spia ai tempi della Guerra Fredda. L’anziano agente segreto salverà il ragazzo da un destino di estradizione degli States e comincerà a sfruttarne le abilità per colpire supernavi militari russe, impianti nucleari iraniani costruiti in barba all’embargo e – naturalmente – basi missilistiche nordcoreani in cui il politico con il peggior taglio di capelli della storia sta cercando di far raggiungere al suo sfortunato paese lo status di potenza nucleare.

La trama, seppur non lucente di clamorosa originalità, starebbe anche in piedi se non fosse per la fastidiosissima tendenza ad anticipare quello che accadrà: un trionfo dello spoiler insito nel romanzo, motivo per cui posso serenamente dirvi che il ragazzo starà bene. Ogni tentativo di neutralizzarlo (in particolare di provenienza russa) viene dettagliatamente e platealmente contrastato PRIMA che sia messo in atto, con il risultato di dare al lettore la garanzia assoluta che nulla di brutto potrà accadere.

Per me, più che sufficiente per dimenticare La volpe sullo scaffale delle spy-story meno riuscite.

5/10

Riassumendo

Una spy story che non decolla e (peggio) non regala un solo istante di suspense

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