Accolgo sempre con una certa soddisfazione l’uscita di un nuovo Robecchi. Poi il periodo è quello che è e I tempi nuovi è rimasto qualche settimana sul comodino, ma al primo momento di respiro è svolazzato fino alle mie mani, ed eccoci dunque qui.

L’ambientazione meneghina, un protagonista dotato del fascino di pochi altri, un gruppo ottimamente allestito di personaggi di contorno: la formula per un giallo di successo è già scritta ma Robecchi, che ne è diventato abile frequentatore e la conosce bene, non si accontenta: vi aggiunge, ed è la vera chiave della solidità dei suoi romanzi, una componente che oserei definire sociale, che si tratti di valutare la popolarità di uno show televisivo o che si tratti di raccontare, come in questo caso, una sorta di Milano sotterranea, invisibile ai più e liquidamente dedita al trasporto e allo stoccaggio di denaro da ripulire.
E allora diventa impossibile passeggiare verso casa e domandarsi se quello che ti ha superato sia un “normale” ciclomotore, o chiedersi se davvero quel cancello nasconda una semplice villetta di periferia. Entrare in un bar e domandarsi se ci sia un sottoscala danzante, farsi sostituire le gomme invernali e immaginare armadi blindati ben occultati. I tempi nuovi modifica (son cose piccole, eh, tipiche del lettore) la tua realtà, la rende immaginifica anche per un momento solo. Ed è, quindi, una bella lettura, che ti accompagna.
In copertina: Foto di Igor Saveliev da Pixabay
Riassumendo
Il nuovo capitolo di un ciclo che affronto sempre più che volentieri