Se visiti il sito ufficiale di Banksy prima di andare a goderti “A visual protest”, la mostra a lui dedicata presso il MUDEC di Milano, navighi un po’ e finisci per imbatterti in questa pagina:

Si, è così: ti stai per recare a una mostra che è stata bollata come FAKE dallo stesso autore delle opere che vedrai. Piuttosto straniante, no? Prendi quella sensazione e lasciala lì per un momento.
Ecco, ora sei arrivato al MUDEC e ti aggiri per le sale della mostra: sono più di 80 opere e te le gusti una dopo l’altra, sei inevitabilmente conquistato dalla genialità di quest’uomo (uomo? donna? gruppo?) e dalla capacità di ribaltare l’ovvio, ironizzare con indignazione, scaraventare giù da un piedistallo icone e miti. Eppure, non ti abbandona la sottile sensazione che quell’opera non dovrebbe essere lì, che non abbia tutto il suo senso se rimossa dall’angolo di Bristol in cui era stata originariamente concepita. Ecco, prendi anche questa sensazione e tienila lì.

Mi fermo davanti a Napalm: da appassionato di storia e di fotografia, non posso non cogliere il riferimento alla foto di Nick Út, ma credo sia riconosciuta da tutti. Nel vederla omaggiata e insieme dissacrata, e pur cogliendo tutti i messaggi di pacifismo, anticorporativismo, distribuzione orrida della ricchezza eccetera-eccetera-eccetera, non riesco a trattenere un sorriso. Sei secondi dopo mi sento una persona orrenda, e un istante prima che mi passi associo le due sensazioni di cui sopra e mi dico che non sono un critico e capirò sempre poco di arte contemporanea, ma andare al MUDEC è stata proprio una buona idea.
Editoria
Oltre al catalogo della mostra, mi sento di consigliare “Cercasi Banksy disperatamente“, edito da L’ippocampo. Con 12 euro – 10,90 su Amazon – e in efficace ed elegante formato tascabile, si scoprono o riscoprono storia ed evoluzione di un artista che continuerà a far discutere e a pensare attraverso installazioni, stencil e graffiti raggruppati cronologicamente e visivamente posizionati su mappa.

