Spiego: ho letto L’alienista di Caleb Carr qualche lustro fa, decisamente prima della serie tv che ne ha decretato la riscoperta. Ricordo distintamente di averlo divorato e di esserne rimasto davvero colpito: l’ambientazione newyorkese di fine Ottocento, un protagonista ben diverso dai cliché del periodo, una squadra di assistenti diversissimi fra loro e vividamente tratteggiati. Bellissimo.
Poco dopo averne terminato la lettura (e, di nuovo, ben prima della serie TV), mi sono messo a caccia della sua prosecuzione: L’angelo delle tenebre è stato per qualche anno IL libro che cercavo, quello in cui speravo di imbattermi nei mercatini, una volta appurato che in libreria non sarebbe tornato (l’e-commerce in Italia era ancora agli albori). Alla fine, l’ho recuperato l’anno scorso, in un negozio di qualsiasi-cosa-usata dove eravamo finiti io e MoglieRiccia in cerca di chissiricordacosa per la casa nuova. Edizione 1999, prezzo orgogliosamente in lire (e neanche poche…).
Nel frattempo, Netflix ci ha regalato l’omonima serie tv che, devo dire, non ha tradito le aspettative: immaginavo Laszlo Kreizler un po’ meno belloccio di Daniel Brühl ma tutto sommato l’atmosfera c’era, i personaggi anche e la voglia di mettere le pupille su L’angelo delle tenebre si è ulteriormente accresciuta. Vacanze di Natale? Vacanze di Natale!
Ok, ora che ho raccontato tutto questo, posso spiegare meglio quel pizzico di delusione: L’angelo delle tenebre è certamente un buon romanzo, ma non è scattata la stessa scintilla. La trama è solida ma decisamente più lenta, una sforbiciata di 150 pagine non gli avrebbe fatto male, Kreizler è un filo più spento e di tutti i protagonisti solo Stevie non tradisce del tutto le aspettative. Insomma, se avete amato l’Alienista (il romanzo), non ne sarete entusiasti. Se vi è piaciuta l’Alienista (la serie TV), forse val la pena aspettare la seconda stagione, basato proprio su L’angelo delle tenebre.
Bene, ma non benissimo
Un pizzico di delusione. Non malvagio, no, ma un pizzico di delusione