Si, no, lo so. L’accostamento dell’allocuzione “poco convincente” e del nome di Marco Malvaldi può sembrare frutto di una giornata troppo alcoolica (e in effetti ne ho vissuta una di recente, ancora auguri Fratello Con La Coda). Ma – e ci deve essere una parte di mia responsabilità, anche se non so dove – La misura dell’uomo, ultimo romanzo di Marco Malvaldi, mi è sembrato poco convincente.

Intendiamoci: non può essere la sindrome da mancanza dei vecchietti del BarLume: Buchi nella sabbia, ambientazione pisana del primo Novecento, mi aveva convinto parecchio, così come Odore di chiuso. Con La misura dell’uomo Malvaldi torna alla prova del romanzo storico venato di giallo, ma il risultato non è a mio parere dello stesso livello.

Complici una ridda di personaggi in cui si fatica a dipanarsi e una ambientazione storica forse meno affascinante per il sottoscritto, il romanzo stenta a decollare: si mette in moto dopo un misterioso omicidio che inquieterà Lodoviso il Moro e metterà alla prova l’ingegno investigatorio di Leonardo, ma un po’ è troppo tardi e un po’ mi è mancato quel senso di empatia totale con il protagonista che ha contraddistinto tante delle mie letture malvaniane.

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