Ho amato (e in larga parte amo) Benni.
Baol ha troneggiato per anni nella graduatoria dei libri che regalavo più volentieri, e ancora oggi mi pare un testo di una profondità insospettabile (oltre che infinitamente divertente).
Mi arrogo il merito di aver battezzato le prime letture di qualche giovane con La compagnia dei Celestini (e un paio ancora mi ringraziano).
Ho un ricordo nettissimo di Comici spaventati guerrieri: io con il volume in mano e un fiotto di lacrime che mi scendono dagli occhi, uno dei primi romanzi (direi quasi certamente il primo) ad avermi fatto letteramente singhiozzare (e chi lo ha letto avrà capito immediatamente quali siano state le pagine annacquate dal pianto).
Ho adorato Terra, avrei voluto coccolare Elianto ed accarezzare fino a fargli perdere il pelo Baywatch (il cane del presidente in Spiriti), devo aver sognato almeno un paio di volte i protagonisti del Bar sotto il mare.
Tutto ciò premesso – ed era doveroso per non essere accusato di scarsa conoscenza dell’autore – non ho digerito Prendiluna. Una trama che vorrebbe riportarsi alle prime ottime fantasie letterarie ma che sostanzialmente non decolla mai, personaggi che non resteranno tessuti nel mio cuoricino, persino il monologo di Chiomadoro (tra le pagine migliori nel romanzo) non all’altezza delle mie (sempre altissime) aspettative. Taccio sul finale per non spoilerare, naturalmente, ma anche l’ultima parte lascia un po’ di amaro in bocca.
Poi, oh, è Benni eh: un genio lessicale, un burattinaio di parole (cit.) come pochi altri al mondo, uno che giri la pagina e TAC un colpo di genio che ti solleva dal torpore. Ma in generale, no, ahimè, proprio no.
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6/10