Recensione romanzo Player One di Ernest Cline
30 Apr 2018
Qualche settimana fa sulla mia Home di Goodreads scorrevano diversi “nomeutente ha iniziato a leggere Player One”. Curioso come una faina, l’ho piazzato fra i “da leggere” e quanche giorno dopo ho dato il via alla lettura, ignaro – nel mio pressapochismo cinematografico – che al romanzo fosse ispirato il prossimo Spielberg. Anima semplice la mia.

Un frame del trailer del prossimo Spielberg tratto da Player One
Qualche centinaio di pagine dopo, mi rendo conto che qualcuno avrebbe dovuto pormi in sequenza e in rapidissima successione le seguenti domande:
Ti piace il ricordo fatto da uomini della (tua) mezz’età degli Anni ’80?
Ne avverti il profumo con inenarrabile nostalgia?
Utilizzi come playlist The very very best of the Pop in ’80s (sempre che sia stata pubblicata)?
Hai trascorso una percentuale significativa della tua infanzia o adolescenza a giocare a Joust, Pac-Man o Black Tiger?
Ecco, avendo nell’animo una serie di NO che “CinqueStelle all’ultimo referendum spostatevi”, mi sarei risparmiato la lettura.
Lettura che, va detto, scorre con una insensata leggerezza verso il finale, nel senso che nella normalità dei casi ci avrei dato un taglio con largo anticipo. E invece no, essenzialmente per due motivi: il primo è che mi restava la curiosità di scoprire se la caratterizzazione dei personaggi sarebbe davvero rimasta così bassa (la risposta è sì), il secondo è che mi continuavo a domandare se la strada tracciata verso il finale sarebbe rimasta così piatta (affermativo anche in questo caso).
Al centro del romanzo ci sono un mondo (reale) distrutto e reso privo di risorse e un mondo (virtuale) lussureggiante nella capacità di sfruttare ogni aspetto della tecnologia: una sorta di somma fra tutti i social network del globo, una realtà aumentata con gli steroidi e la necessità di fuggire dal vero chiudendo gli occhi e infilandosi in una tuta sensoriale.
Il protagonista si lancia in una avventura un po’ per salvare questo mondo, potenzialmente preda di una malvagia corporazione, e un po’ per ereditarne la proprietà come stabilito dal ricchissimo e poi scomparso inventore. Incontra amici, si innamora, sfida un cattivo talmente cattivo da risultare patetico.
In sintesi, una crasi fra la Fabbrica di cioccolata (senza gli adorabili Umpa Lumpa), la Net Force di Tom Clancy (si, li ho letti) e l’orribile film “Il taglierba” del 1992.

5.5/10
Riassumendo
una crasi fra la Fabbrica di cioccolata (senza gli adorabili Umpa Lumpa), la Net Force di Tom Clancy (si, li ho letti) e l’orribile film “Il taglierba” del 1992.
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Alfonso d'Agostino
by Alfonso d'Agostino
in CAPIT-OLIBRI
30 Apr 2018
Qualche settimana fa sulla mia Home di Goodreads scorrevano diversi “nomeutente ha iniziato a leggere Player One”. Curioso come una faina, l’ho piazzato fra i “da leggere” e quanche giorno dopo ho dato il via alla lettura, ignaro – nel mio pressapochismo cinematografico – che al romanzo fosse ispirato il prossimo Spielberg. Anima semplice la mia.
Un frame del trailer del prossimo Spielberg tratto da Player One
Qualche centinaio di pagine dopo, mi rendo conto che qualcuno avrebbe dovuto pormi in sequenza e in rapidissima successione le seguenti domande:
Ti piace il ricordo fatto da uomini della (tua) mezz’età degli Anni ’80?
Ne avverti il profumo con inenarrabile nostalgia?
Utilizzi come playlist The very very best of the Pop in ’80s (sempre che sia stata pubblicata)?
Hai trascorso una percentuale significativa della tua infanzia o adolescenza a giocare a Joust, Pac-Man o Black Tiger?
Ecco, avendo nell’animo una serie di NO che “CinqueStelle all’ultimo referendum spostatevi”, mi sarei risparmiato la lettura.
Lettura che, va detto, scorre con una insensata leggerezza verso il finale, nel senso che nella normalità dei casi ci avrei dato un taglio con largo anticipo. E invece no, essenzialmente per due motivi: il primo è che mi restava la curiosità di scoprire se la caratterizzazione dei personaggi sarebbe davvero rimasta così bassa (la risposta è sì), il secondo è che mi continuavo a domandare se la strada tracciata verso il finale sarebbe rimasta così piatta (affermativo anche in questo caso).
Al centro del romanzo ci sono un mondo (reale) distrutto e reso privo di risorse e un mondo (virtuale) lussureggiante nella capacità di sfruttare ogni aspetto della tecnologia: una sorta di somma fra tutti i social network del globo, una realtà aumentata con gli steroidi e la necessità di fuggire dal vero chiudendo gli occhi e infilandosi in una tuta sensoriale.
Il protagonista si lancia in una avventura un po’ per salvare questo mondo, potenzialmente preda di una malvagia corporazione, e un po’ per ereditarne la proprietà come stabilito dal ricchissimo e poi scomparso inventore. Incontra amici, si innamora, sfida un cattivo talmente cattivo da risultare patetico.
In sintesi, una crasi fra la Fabbrica di cioccolata (senza gli adorabili Umpa Lumpa), la Net Force di Tom Clancy (si, li ho letti) e l’orribile film “Il taglierba” del 1992.
Riassumendo
una crasi fra la Fabbrica di cioccolata (senza gli adorabili Umpa Lumpa), la Net Force di Tom Clancy (si, li ho letti) e l’orribile film “Il taglierba” del 1992.
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