Ci sono cose (parecchie) che sfuggono alla mia capacità di comprensione, e generalmente attribuisco questa mancanza cronica di risposte alla scarsissima attenzione che riponevo nello studio di materie scientifiche, colpevolizzando i MilleLire della Newton che – durante luuuuunghe ore di fisica o di chimica – stavano così bene dietro l’astuccio o nascoste tra le pagine del manuale.
Tipo: le aspettative. Con la competenza medica che mi è stata regalata da una serie di puntate di “Siamo fatti così” – siamo proprio fatti così – ho passato una mezza mattinata ad immaginarmi l’area del cervello in cui nascono le aspettative. Una stanza piena di monitor al plasma (ahahah, plasma… dai, questa non era male) con dei mini-omini che riflettono profondamente e scrivono su una tastiera cose tipo “gol dell’Unione durante il primo tempo” oppure “quel piatto di linguine al pesto da 18€ deve essere strepitoso”. Finiscono di vergare una aspettativa, premono invio, l’aspettativa si incolla a una cellula celebrale e lì rimane, fino a quando il tiro di Pozzebon prende il palo, le linguine sanno troppo di aglio e il mini-omino si alza fischiettando dalla tastiera senza farsi troppo notare, si attacca alla divisa di un globulo bianco/poliziotto e si fa trascinare via verso il miocardio.
A volte, però, il mini-omino ci azzecca. Tipo il mese scorso, quando ha scritto “il romanzo della Egan sarà meraviglioso”. E adesso che sono giunto al termine di queste 510 pagine intense, vorrei potermi miniaturizzare, correre lungo tutto il sistema nervoso, arrivare lì e battergli una mano sulla spalla.
Manhattan Beach è stato, per me, più di un romanzo. E’ stata una esperienza di lettura, è stato un viaggio in metropolitana sbagliando due volte fermata, è stata la gioia di vedere letteratura negli occhi di MoglieRiccia, è stato la necessità di farsi un pranzo da solo per poter finire un capitolo lasciato in sospeso quattro ore prima. E’ stato un balzo sul divano (letteralmente) mentre succedeva qualcosa che non avevo immaginato, ed è stato anche un lungo pianto silenzioso (di cui non mi vergogno affatto) mentre ne succedeva un’altra. E’ stata la passione per un personaggio, l’odio per un altro, la comprensione di alcune azioni come se fossero accadute in un mio recente passato (e giuro che non è così). E’ stato guardarsi un po’ dentro.
Rimpiango un po’ le lezioni a cui non ho assistito e le risposte che non avrò mai. Poi mi ricordo che abbiamo sparato un uomo sulla Luna e un robot a scattare foto di sassi su Marte, ma ancora non abbiamo spiegato perfettamente perché si pianga. E mi dico che, in fondo, va bene così, e che tutte le letture rubate mi hanno aiutato ad arrivare qui, e a prepararmi a consigliare Manhattan Beach a chiunque mi incrocerà con un libro in mano.
SCHEDA LIBRO
Autore: Jennifer Egan
Titolo: Manhattan Beach
Traduzione: G. Granato
Editore: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Anno di pubblicazione: 2018
Pagine: 510
ISBN: 978-8804687337
Prezzo (Amazon.it, 15% sconto): cartaceo copertina rigida: € 18,70; eBook: € 9,99
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9/10
Riassumendo
Strepitoso. Semplicemente strepitoso.