Se c’è un aspetto bello dell’amare la lettura è proprio questo: alternare più o meno efficacemente stili, generi, argomenti. Passare nell’arco di due mattine dal freddo di un thriller nordico alle atmosfere avvolgenti di un romanzo introspettivo, dalla storia di uno storico club calcistico alle avventure di una coppia di ragazzi in fuga nella Stalingrado occupata. Nei miei giringiretti letterari una stazione militaresca è – per qualche motivo che non ho mai saputo definire troppo bene – una tappa costante. Vedi “The operator“, “Il cuore e il pugno” e gli ottimi romanzi di Francesco Cotti, per intendersi.
Nelle intenzioni, Nome in codice: Dagger 22 doveva rappresentare uno di questi passaggi. La realtà è che la lettura si è trasformata in un eterno “vabbè, ormai l’ho iniziato, sarebbe un peccato non finirlo” (–> mannaggia a me che non metto in pratica i diritti del lettore redatti da Pennac).
La “vera storia di un marine americano nell’inferno dell’Afghanistan” si trasforma rapidamente in un lungo esercizio tecnico: se c’è qualcosa che un lettore richiede ad un testo del genere è l’immedesimazione, il domandarsi “cosa avrei fatto io?”, persino lo stupore. Se mi ammorbi di sigle dei vari comandi, ti perdi in micro-particolari ed esageri nei dettagli, mi perdi dopo poche pagine. Michael Golembesky mi ha perso.
Unici aspetti positivi le citazioni delle azioni degli italiani nel teatro di guerra (giudizio più che positivo) e un apparato iconografico interessante, ma per la sufficienza non basta.
SCHEDA LIBRO
Autore: Michael Golembesky
Titolo: Nome in codice: Dagger 22
Editore: Newton Compton
Collana: I volti della storia
Anno di pubblicazione: aprile 2017
Pagine: 334
ISBN: 978-8822702227
Prezzo (Amazon.it, 15% sconto): cartaceo copertina flessibile: € 8,41; eBook: € 4,99
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5/10
Riassumendo
Poco coinvolgente, eccessivamente tecnico. Anche no.