Confesso, ma non ditelo a MoglieRiccia, che da circa 48 ore penso a Mirco Petrella. Mirco sabato aveva addosso la maglia della mia squadra del cuore e ha segnato un gol al limite del leggendario. (lo so, sembra esagerato, ma sono un tifoso e un tifoso è esagerato per definizione).
La scena è stata più o meno questa: io sul divano a circa 400 km dallo stadio, MoglieRiccia comodamente assitta vicino a me perché – sebbene abbia dovuto affrontare da poco questo lato del mio carattere – in fondo mi ama persino mentre gioca la Triestina, ed è tutto dire. 77 (più intervallo) minuti di sostanziali sbadigli e qualche semi-infarto; unico momento di cambio sostanziale dei decibel presenti in casa un rigore per fallo di mani negato, con conseguente raffica di imprecazioni, pretese di caduta dei governi mondiali, espressione di uno che non capisce perché, flusso di bile a colorare di verde la faccia e vene del collo a rischio rottura. Come da tradizione, insomma (per onestà intellettuale aggiungerò che non ho sfasciato il televisore perché 1. succede con frequenza settimanale che ci neghino rigori solari 2. ne sbagliamo un sacco 3. MoglieRiccia non vigilava sul mio stato mentale ma sulla salute degli elettrodomestici di casa fuori garanzia sì).
Poi, su un pallone al limite dell’area, Mirco Petrella ha fatto una roba che dovreste essere in grado di vedere cliccando qui (sorry, Facebook non consente di condividere fuori dalla piattaforma) ma che credo di poter riassumere così: finta di tiro di destro, e poi…
e poi la mente che si allontana dal contesto e corre verso “quando eravamo bambini” e si provava a fare quello che faceva Maradona ma al campetto e senza avversari, scartando un cespuglio come fosse un roccioso difensore inglese, facendo con la bocca il rumore dei tifosi allo stadio, pallone sotto la suola-giro-di-360°, immaginando il portiere in disperata uscita e il tocco finale ad anticiparne il tuffo…
(sia chiaro: se non avete mai fatto il rumore dei tifosi con la bocca, non avete mai giocato a calcio).
Io mi commuovo facilmente, specie quando ci sono di mezzo le maglie rossoalabardate. Mi sono commosso fino alle lacrime al gol di Ciullo (chi sa, sa), ho pianto di rabbia per i due rigori di Napoli, ho salutato Ezio Rossi allo stadio con un groppo alla gola che non vi dico.
Ieri non ho pianto, ma ho avvertito un brivido infinito che dura da 24 ore, provando a immaginarmi che cosa debba essere riuscire in un’azione sognata da bambino, sia questo un tiro sulla sirena, una vasca perfetta toccando davanti a tutti alle Olimpiadi o una giravolta col pallone attaccato al piede su un campo (nobile) di serie C. Per questo rivolgo un personalissimo ringraziamento a Mirco Petrella: negli anni ti avranno detto che eri piccolo, troppo basso per sfondare, chi lo sa. A me hai regalato un istante gigante, il terzo dopo la doppietta di Vicenza e il gol (di testa!!!) contro il FeralpiSalò. E indossi pure il 23, che per me (lo testimonia il dominio del sito) ha un significato particolare. Grazie per onorarlo.
Oh, poi, ovviamente non abbiamo vinto: è nel DNA e nella storia di questa meravigliosa società la sofferenza, il buttar via tutto alla fine, la distrazione evitabile. Ma, per una volta, chisseciava: abbiamo vissuto qualcosa di più bello.