In primo momento ti lascia del tutto perplesso. Vedi solo dei blocchi di cemento di altezza differente e la distanza non aiuta a coglierne il senso.
Quando ti avvicini, poi, il primo pensiero va agli adolescenti che si fanno i selfie, alla coppia di innamorati che si bacia, alla turista distesa al sole berlinese, neppure troppo vestita.

Poi però ti addentri nel labirinto segnato dai blocchi e vivi una esperienza nuova, inedita, struggente. Sai dove ti trovi – perché non si tratta di un vero labirinto, andando dritto prima o poi ne esci – e contemporaneamente ti rendi conto che sei in un luogo senza tempo, in una sospensione delle logiche a cui sei abituato.

Se sei con una persona amata, ti accorgi del suo sparire in un secondo. Se sei attorniato da sconosciuti, avverti la necessità di avvicinarti a loro, e lo struggimento di una infinita solitudine quando scompaiono. E’ una emozione che è difficile da provare, credo risvegli ataviche paura di abbandono e riproduce magistralmente quel senso di tragica provvisorietà e di orrore che si viveva nei campi di sterminio.

Il Memoriale dell’Olocausto sembrerà ad alcuni di freddezza teutonica: a me è parso un omaggio riuscito. E, insieme, un monito perfetto.[vc_gallery interval=”3″ images=”5262,5263,5264″ img_size=”600×450″ onclick=”img_link_large”]

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