Tra i miei più terribili ricordi d’infanzia c’è quello legato alla caduta dei denti da latte.
Magari anche per voi è così. Non lo so, fatemelo sapere.
Lasciando perdere tutta la questione, anche simpatica, della fatina/topino dei denti e via dicendo (a casa mia arrivava il topino, non so perché… so che a casa di altri miei amici invece arrivava una fatina, vabbè, son di quelle cose che ogni tanto quando le scopri, dopo, quando sei grande, ti vien voglia di fare una ricerca seria per scoprire dove nascono queste storie e che strade fanno, nel tempo, per arrivare a te.).
Comunque, dicevo, quello che proprio rendeva la cosa terribile era il procedimento complessivo.
Spiego.
Un giorno ti svegliavi e ti accorgevi che uno dei tuoi denti aveva cominciato a “dondolare”.
Mamma, mi dondola un dente, annunciavi, preoccupata, al genitore più prossimo.
E, immagino, le fatine/i topini dei denti, forse, sono stati inventati per consolare di tutto l’iter che sarebbe seguito all’infausto annuncio.
Infatti, con il dondolio del sopracitato dentino si aprivano settimane di tormenti, in cui il malcapitato dente, lentamente e inesorabilmente, sarebbe stato scalzato dalla sua sede originaria per poi, alla fine, ma non senza aver prodotto giorni di terribile suspance, cadere (o essere divelto).
Di quei giorni la sensazione più orrorosa che ricordo è quella della mia lingua che accarezzava il dentino percependone, sotto, il vuoto. Per giorni la lingua ne accarezzava i contorni, ne avvertiva i profili taglienti, assaporava, talvolta, il sapore del sangue che trapelava dalla gengiva profanata dall’ineluttabile evento.
E poi il non sapere. Non sapere quando sarebbe finalmente successo, quando il dentino avrebbe terminato quell’insopportabile stato di precarietà e avrebbe cessato di infastidire la pronuncia, le risate, i morsi alle caramelle frizzantine che, immancabilmente, venivano estratte dalla borsa della nonna, per me.
Terribile.
Forse è per questo che il mio incubo ricorrente (so che è abbastanza diffuso, a me capita di sognarlo almeno un paio di volte all’anno) è che mi cadano tutti i denti, contemporaneamente.
Questo esordio narrativo di tale Nathan Filer (promette bene, lo terremo d’occhio) ti tiene incollata alle pagine allo stesso modo: come la lingua di un bambino di 7-8 anni che gira attorno al suo dentino, sapendolo spacciato, aspettando solo il giorno e l’ora in cui, finalmente, sarà finita.
SCHEDA LIBRO
Autore: Nathan Filer
Titolo: Chiedi alla Luna
Traduzione: A. Pizzone
Editore: Feltrinelli
Collana: I narratori
Pagine: 308
ISBN: 978-8807030437
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LINKOGRAFIA
Il booktrailer del romanzo sul sito di Feltrinelli
Il sito ufficiale dell’autore
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8/10
Riassumendo
La storia di un ragazzo che trova il coraggio di lottare contro i propri demoni e di diventare uomo, in una veste editoriale e narrativa davvero intrigante