“Un romanzo che ha messo d’accordo Stephen King, Joseph Heller e John Irving deve essere una bomba”. Così pensai, scrutando con l’ansia di chi cerca una buona lettura la copertina Fazi-osa con i capelli rossi e un titolo che prometteva questioni legate alla capigliatura. “Thomas Williams… E questo chi è?“.

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“I capelli di Harold Roux” è uno di quei libri che non so mai come definire: c’è moltissimo del romanzo di formazione, altrettanto del più puro realismo americano, persino una spruzzata di critica sociale. Nel racconto di uno scrittore e dei suoi guai, accoppiati a vicende tardo-adolescenziali che costituisco il più classico dei “romanzi nel romanzo “, si coglie perfettamente l’America degli anni 70, fra contestazioni, Vietnam, emancipazione femminile, confronti generazionali. Funziona, funziona maledettamente bene, tanto è vero che citato spesso un parallelismo con “Stoner”, capolavoro di un altro Williams (John Edward).

Ma attenzione: mentre Stoner (e intendo il personaggio) ti entra rapidamente lì dove batte un muscolo, “Harold Roux” (e intendo il romanzo) non suscita la stessa empatia. Persino, lo confesso, un po’ di antipatia.

Poi, oh, letto e divorato in due giorni, eh.
Ma nel confronto tra i due romanzi – vincitori tra l’altro del National Book Award a due anni di distanza fra loro – “Stoner” appare infinitamente superiore.

(temo si sia capito, il fatto che entrambi gli autori abbiano lo stesso cognome complica orrendamente le cose)

  • 7/10
    - 7/10
7/10

Riassumendo

Bello, assolutamente leggibile, certamente intrigante. Ma non citatemi Stoner.

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