Nella notte fra il 27 e il 28 ottobre 1949 un aereo dell’Air France si sta preparando all’atterraggio nello scalo delle Azzorre: da lì, dopo il rifornimento, è previsto il grande salto verso New York. Trentasette passeggeri e undici membri dell’equipaggio: quarantotto vite che Adrien Bosc racconta nel suo memorabile “Prendere il volo”, edito da Guanda con una copertina evocativa e bellissima.

Quell’aeroplano non giunse mai dall’altra parte della vasca oceanica: le storie dei suoi passeggeri si infransero sulle pendici del monte Redondo, lì dove oggi un semplice cippo innalzato dagli abitanti dell’arcipelago ricorda la tragedia. A bordo del Constellation – nome poetico se c’è n’è mai stato uno – un vero e proprio spaccato della società europea dell’immediato dopoguerra: dalle famiglie basche in viaggio verso il sogno americano a Ginette Neveu, giovane e talentuosissima violinista pronta a conquistare gli States dopo aver fatto sognare il Vecchio Continente con uno Stradivari che, anch’esso in volo, non sarà mai ritrovato. Ci sono un commerciante, un industriale, il pugile Cerdan che ha conquistato il cuore di Edith Piaf e si accinge a ottenere la cintura di campione del mondo.

Adrien Bosc li ricorda e li racconta con una delicatezza che fa rima con poesia. La leggerezza di una scrittura evocativa e i riferimenti culturali e artistici nascondo un enorme lavoro di ricerca come un velo leggero che conquista con i suoi movimenti lo sguardo e il cuore. E’ una sorta di modernissima Spoon River in prosa, un coro di voci che ti parlano con sussurri e non urlano mai. L’urlo è dei vivi, è di chi rimane ad aspettare, è di chi non capisce perché.
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8/10
Riassumendo...
Memorabile: il ricordo di quarantotto vite spezzate e di un’epoca finita scritto con una delicatezza e una poesia rara.