Arrivo a Il bambino che non sapeva mentire, romanzo del 2006 di M.J. Hyland celebrato in diversi premi letterari, attraverso la lista dei 1001 libri da leggere a tutti i costi.

Il titolo: perchè?

La prima domanda che sono costretto a farmi è sul perché del titolo: in lingua originale risulta essere Carry me down, il che mi ricorda sinistramente pessimi esempi di traduzioni italiche di testi e film anche famosi). Ed in effetti – salvo che io sia crollato miseramente nella attenzione durante la lettura – il punto è che il protagonista dodicenne sembra essere in grado di rilevare le bugie dei suoi interlocutori, che finiscono per scatenargli vero malessere fisico. Oddio, è vero che non riesce a mentire alla madre quando scopre che SPOILER CHE VI EVITO e che questo causerà ALTRO SPOILER CHE VI RISPARMIO, ma la caratteristica è quella di accorgersi delle menzogne, non di non saperle trattenere. Al punto che John (così diamo un nome al ragazzo) scrive più volte al Guinness dei Primati, sua lettura prediletta, per proporsi come unico esemplare di macchina della verità umana.

Il protagonista

E’ su John, e sulla sua vista del mondo quale io narrante, che si concentra una trama fatta di una situazione familiare che ondeggia fra idilliaca e molto complicata, sullo sfondo di una Irlanda povera, nelle campagne così come dopo un trasferimento in città, fra amicizie che adolescenzialmente nascono e muoiono, una sessualità in corso di definizione e un corpo che sta crescendo in modo imprevisto ed eccessivo, a totale contrasto con un carattere ancora fanciullesco persino nella ricerca di coccole dalla mamma.

E se la prima parte del romanzo è resa gradevole dalla presentazione del protagonista e dei suoi rapporti con il mondo che lo circonda, persino affascinante nel ricreare un mondo parallelo e fantastico, è nella sua seconda parte che Il bambino che non sapeva mentire prende una piega assolutamente cupa, quasi disperata. Una disperazione avvolgente, un insieme di pensieri ed azioni che certamente trascina ma che non riesce mai suscitare una piena empatia, direi neppure la volontà di comprendere. Intendiamoci, non è caratteristica negativa in assoluto. Ma qui è un peccato, perché in alcune della pagine iniziali John sembra potersi avvicinare (sottolineo: avvicinare) alla grandezza di un Garp irving-iano, romanzo che ho invece amato moltissimo ma da cui – completata l’ultima pagina – siamo lontani anni luce.

Progetti

1001 libri da leggere

N. 994 – Il bambino che non sapeva mentire: M.J. Hyland

Letti: 100; Da leggere: 901

6.5/10

Riassumendo

Ottime premesse, bel protagonista, una seconda parte troppo cupa e disperata

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