Il giardino di cemento

Ci sono angoli dell’animo umano che sono cantine oscure, fredde e che mettono paura.
Devo forse averlo già detto in un’altra recensione, non ricordo quale, ma una delle paure più grandi che vivevo da bambina era quando papà mi mandava in cantina a prendere una bottiglia di vino per la cena.

Facevo la dura, ma in realtà la cosa, tutte le volte, mi terrorizzava.

Non so cosa fosse, in realtà. Perché era un posto che conoscevo benissimo. D’estate era fresca e spesso, mentre mia madre stirava, era lì che stavamo, io e mio fratello, a giocare sul pavimento.
E poi era lì che c’era il “rifugio” di mio papà: un angolo attrezzato con un bancone e un sacco di arnesi meravigliosi e pericolosi: martelli, chiodi, tenaglie, chiavi inglesi, cacciaviti, seghini, seghetti, latte di vernice e acquaragia e altra roba varia.
Era il “suo” posto e a me piaceva stare lì, quando c’era lui.
Ma quando lui non c’era, quando non c’era nessuno…

Quando era inverno e fuori buio e io apparecchiavo e papà mi chiamava e mi chiedeva di scendere in cantina a prendere una bottiglia di vino, quel luogo non era più ciò che conoscevo.
Diventava solo un orrendo buco nero, freddo e ostile, che nascondeva sicuramente qualche oscura e terrificante minaccia.
Tutte le luci che accendevo nella discesa per farmi coraggio e il record di minor tempo possibile per effettuare l’operazione richiesta (una volta credo di esserci riuscita in meno di 13 secondi) non erano sufficienti a non farmi esplodere il battito cardiaco e non impedivano che, per quanto breve fosse quel momento, io non mi sentissi in qualche modo ostaggio di quella oscurità.

A distanza di anni credo di aver intuito che tutta la faccenda fosse in qualche modo collegata alla solitudine.
Non era il luogo di per sé ad essere tanto orribile (e infatti in moltissime altre occasioni lo abitavo senza difficoltà) era il fatto di trovarmi, lì, da sola. O il pensiero (probabilmente decisamente inconscio, sepolto sotto quintali di altre cose) che avrei potuto essere sola. Un giorno, forse.

Era la solitudine, credo, o il pensiero, l’intuizione di essa, che mi terrorizzava.
Il giardino di cemento di Ian McEwan è pieno zeppo di quella cosa lì.

SCHEDA LIBRO
Autore: Ian McEwan
Titolo: Il giardino di cemento
Traduzione: S. Bertola
Editore: Einaudi
Collana: Super ET
Pagine: 150
ISBN: 978-8806224783
Prezzo (amazon.it): cartaceo con copertina flessibile € 9,78

PROGETTO
1001 libri da leggere a ogni costO

  • 6.5/10
    - 6.5/10
6.5/10

Riassumendo

Forse non il McEwan da leggere a tutti i costi

Di h2o

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