Fra tutti i genocidi che hanno contraddistinto la tragica storia del ventesimo secolo, quello avvenuto in Cambogia è fra i meno noti. E se da una parte viene il dubbio che si sia trattato di rimozione “politica” – attaccare un regime che si schierava contro gli States era piuttosto complicato… – dall’altra più ne leggo e mi informo e più mi appare probabile che, semplicemente, quello che è accaduto in Cambogia fra il 1975 e il 1979 era talmente inumano da dover essere rimosso.
Ammettere che sì, un gruppo di esseri umani può dirsi convinto che “7 milioni di cambogiani sono troppi, dopo la Rivoluzione dovremo essere due o tre milioni” provoca un dolore universale.
Immaginare l’S-21, un campo di sterminio in cui entrarono in 20.000 e si salvarono in 7 (sì, sette), provoca un colpo al cuore.
Scoprire che la vita nell’S-21 si reggeva su questo orribile decalogo straccia l’anima:
1. Devi rispondere attenendoti alla mia domanda. Non tergiversare.
2. Non cercare di occultare i fatti adducendo pretesti vari, ti è severamente vietato contestarmi.
3. Non fare il finto tonto, perché sei un controrivoluzionario.
4. Devi rispondere immediatamente alle mie domande senza sprecare tempo a riflettere.
5. Non parlarmi delle tue piccole azioni immorali o dell’essenza della rivoluzione.
6. Non devi assolutamente piangere mentre ricevi l’elettroshock o le frustate.
7. Non fare nulla, siediti e attendi i miei ordini. Se non ci sono ordini, rimani in silenzio. Quando ti chiedo di fare qualcosa, devi eseguire immediatamente senza protestare.
8. Non inventare scuse sulla Kampuchea Krom per nascondere i tuoi segreti da traditore.
9. Se non segui tutte le regole succitate, riceverai moltissime frustate con il cavo elettrico.
10. Se disubbidirai ad una sola delle mie regole riceverai dieci frustate o cinque scosse elettriche.
Leggere “S21: La macchina di morte dei Khmer Rossi” di Rithy Panh (regista e sceneggiatore cambogiano) è una continuativa immersione nel buio e nella luce: a differenza dei memoriali sull’Olocausto a cui noi europei siamo quasi “abituati”, Panh si spinge infatti un po’ oltre. L’occasione è la preparazione di un documentario (poi pluripremiato) sul genocidio cambogiano, l’idea è folle, geniale, enorme tutto insieme: far dialogare i carnefici e i pochissimi sopravvissuti. E se non bastasse, far svolgere il dialogo proprio all’interno del campo di prigionia, sulle stesse piastrelle un tempo macchiate di sangue, tra le stesse mura intrise di dolore e sofferenza.

Tra chi perdona e chi non dimentica, tra chi si pente e chi è convinto di non avere avuto scelta, nascono dei dialoghi che hanno il profumo del Vero e l’olezzo nauseabondo dell’idiozia umana. La Cambogia e la sua storia vanno ricordate e “S-21. La macchina di morte dei Khmer rossi” è un docu-libro semplicemente perfetto.
SCHEDA LIBRO
Autore: Rithy Panh
Titolo: S-21. La macchina di morte dei Khmer rossi
Traduzione: G. Valent
Editore: O Barra O Edizioni
Collana: in Asia
Anno di pubblicazione: 2004
Pagine: 187
ISBN: 978-8887510225
ACQUISTO
Copertina flessibile: 13,60 € (risparmi 2,40 €) disponibile ebook: SI (mobi, epub) a 9,99
PROGETTO
Giro del mondo letterario: Cambogia
LINKOGRAFIA
Mappe del genocidio (Fonte: Università di Yale)
L’S-21 oggi è un museo: visita virtuale (sito ufficiale)
Altre proposte letterarie cambogiane (Fonte: Wadidestination)
-
8/10
Riassumendo
Intenso, tragico, umano. Da leggere.